“Ogni viaggio lo vivi tre volte: quando lo sogni, quando lo vivi e quando lo ricordi”

La valigia per il viaggio si è chiusa ed è pronta, per un ultimo cammino. La cerniera ha circumnavigato tutto il suo perimetro, l’ultimo lucchetto è stato messo, la tasca riempita di fogli e un buon libro da leggere, non si sa mai che il tragitto sia noioso. Il bagaglio è preparato e si porta via forse quello che si ritiene indispensabile, di sicuro qualcosa lo si scorderà, poco importa.

Ennio Ludovico Chiggio è partito per un viaggio, l’ultimo, sicuramente lo avrà fatto giocando con le forme e con le parole, ingannando lo sguardo e disseminando la strada con curiosità e poliedrica gioia, si sarà soffermato a ricercare ogni angolo del cammino trascinando nella sua valigia la ricchezza di un’esistenza e di sogni.

Ci sono itinerari che si fanno controvoglia, forzati dagli eventi e dalle partenze segnate e dolorose, a volte sono infiniti. Poi ci sono viaggi da cui non si torna più indietro e allora il nostro augurio di “buon viaggio!” si fa più sincero e difficile risulta poi così il distacco…

Dentro la sua scatola “duchampiana” c’è tutta la sua vita e la sua opera, scomparti, cerniere, tasche e bottoni si aprono per far uscire disegni, quadri, testi ludici, oggetti, progetti, suoni, idee in un lungo e meraviglioso tragitto che è partito dal 1958 quando insieme ad alcuni giovani artisti padovani, Alberto Biasi, Toni Costa, Edoardo Landi e Manfredo Massironi, ha dato l’avvio al Gruppo Enne, una tappa felice di un percorso cominciato e poi finito.

Prosegue poi con altre esperienze: critico, curatore d’arte, designer, grafico, maestro, pubblicitario e saggista, passando per l’interesse per la poesia visiva, il concretismo fotografico e la musica elettronica fino a tematiche didattiche dove l’informazione culturale diventa un momento di conoscenza collettiva e di consapevolezza sociale.

Dalla fonologia musicale NPS alle Alternanze Bianco Rosso con macchine ottiche ludiche le sperimentazioni di ricerca di Ennio Ludovico Chiggio continuano in un itinerario che non ha fine, pronto sempre alla trasformazione e a nuovi traguardi.

Non è facile classificarle e ingabbiare Ennio Ludovico Chiggio con una sola etichetta, gli starebbe stretta! Forse è più convenzionale e semplice definirlo “artista” per i più, ma in realtà è stato un grande giocatore in primis con se stesso: il nome di battesimo, Ennio, identifica la sua persona posto nel momento della nascita ma non è scelto da lui ma da altri per conto proprio, Ennio negli anni successivi aggiunge poi un “nome d’arte”: Ludovico, scelto per l’assonanza con la parola LUDICO, relativo quindi al gioco, ad un’attività di piacere per puro divertimento. Quindi Ennio GIOCA! Come e dove gioca Ludovico? Attraverso le opere, i progetti, per mezzo delle parole e dei pensieri su carta che si fissano nel tempo, con le sensazioni e i progetti nati negli anni.

L’arte di Ennio Ludovico Chiggio è un gioco, sì, un gioco di forme, di colori, di zone in ombra e altre in luce, dove si indaga lo spazio visivo, dove la luminosità è la responsabile dell’interpretazione della visione poiché è la luce che indaga negli spazi e nelle animazioni cinetiche ed optical che hanno da sempre accompagnato l’artista.

Gli occhi curiosi nascosti dagli occhiali colorati guardano in giro mentre si parla di lui, le orecchie ascoltano non le voci, ma i suoni attorno, sembra di vederlo mentre incrocia le braccia, accavalla nervoso le gambe che non possono e non vogliono stare ferme (libero da ogni costrizione meccanica, ora, finalmente!) si astrae da tutto e pensa a come ficcare nella sua valigia duchampiana l’ennesima idea da sviluppare e portare avanti: c’è così tanto da fare e scoprire! Bisogna studiare, leggere, capire e usare tutti i sensi per vivere, senza rimpianti e malinconia.

Ogni angolo del suo studio è pieno. Un archivio di una vita e di idee che si percepiscono con il loro profumo che si appiccica addosso alla pelle del visitatore invitato ad entrare: un progetto, un pezzo di design, uno studio visivo, materiali diversi, il tutto in una piacevole confusione da Paese dei Balocchi o delle Meraviglie, perché stupirsi era forse l’imperativo unico che bisognava avere una volta varcata la soglia per entrare nel suo mondo fatto di racconti, esperienze e aneddoti da ascoltare per ore.

È il ritratto di un uomo curioso, mai fermo, vulcanico e gioioso per ogni tassello di vita da aggiungere lungo la via da esplorare, immerso nell’arte, inzuppato di stupore, impregnato di curiosità.

Ogni volta che si parla di Ennio Ludovico Chiggio (mi piace chiamarlo così, per intero!) fuori piove: pioveva il primo giorno del nostro incontro nel suo studio quando arrivai con un ombrello blu dalle stecche piegate, ero un po’ timoroso e imbarazzato, ma lui e Alberta mi hanno aperto la porta sorridendo e accogliendomi in un mondo pieno di vita; pioveva qualche giorno dopo che ci si rivide a fine luglio del 2011 poco dopo il vernissage della sua personale “Dislocamenti Amodali”; pioveva il giorno dell’inaugurazione della mostra “Lumen” del 2017; pioveva quando lo rividi con la moglie Alberta alla Fiera di Bologna e pioveva quando arrivò la notizia che venerdì 25 settembre Ennio Ludovico Chiggio se n’era andato, piove anche adesso che ne scrivo.

La pioggia è a volte benevola e delicata, da ascoltare come una carezza, altre volte impetuosa e forte che scatena tempeste ed è così simile all’animo umano, mai pago e pronto ad accogliere con delicatezza o con forza gli eventi e le scoperte della vita, non è un caso forse che l’animo dell’artista si sia presentato sempre associato alla pioggia: sono lacrime dal cielo, a volte di gioia, a volte di rabbia, ma sono i momenti che aiutano e fortificano, poco importa ora che siano i migliori o i peggiori, è la ricerca di sé che rende la vita necessaria a scoprire come ogni giorno sia stato naturalmente e sensibilmente essenziale.

Sulla porta è pronta la valigia con dentro il suo carico di aspettative e sogni, di innumerevoli lavori e progetti, di cose future, di presente che si affranca e di passato che è stato costruito, un gioco ancora prima di partire, un sorriso al visitatore, Ennio Ludovico Chiggio è lì, pronto ad andarsene, con i suoi occhiali colorati, con una mano che liscia la barba e un guizzo negli occhi per chissà quale altra idea venuta in mente, fuori piove, servirà un ombrello, gli presto il mio, quello blu dalle stecche piegate.

Ciao signor Ennio Ludovico Chiggio, buon viaggio, prepara la strada, sistema la dimora e il luogo, stupisci ancora e, soprattutto, gioca.