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Furti d’arte. Non rubare al prossimo tuo: dalla Gioconda di Leonardo ai pinguini di Pao.

Puoi impedire a un uomo di rubare, ma non di essere un ladro
(Arthur Schnitzler)
In questo mondo di ladri c’è ancora un gruppo di amici che non si arrendono mai
(Antonello Venditti)

I furti d’arte sono visti spesso in sordina tra le pagine dei giornali e le news dei tg nazionali, ma sono all’ordine del giorno, non fanno notizia inseriti come sono tra un servizio ambientalista e un fatto di cronaca locale.
La cultura non ha abbastanza voce per farsi sentire e per gridare “al ladro! Al ladro!” quando viene depredata e violata passa spesso in secondo piano, ma rubare un’opera d’arte è sottrare all’uomo la possibilità di godere dell’immagine e della bellezza di un pensiero che viene levato alla vista e all’emozione personale.

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Franz Chi. Visioni di un futuro passato

Tutto ciò che è presente però non sarà mai scordato, la storia sedimenta, insegna e resta come monito di ciò che si è stato.
È da qui, da questo punto focale fatto di rimandi storici e di proiezioni future, di qualcosa che ha il fascino dell’impossibile e dell’incredibile che parte l’opera di Franz Chi, nelle sue opere c’è la proiezione di una bellezza universale che ha l’armonia e l’eleganza dei volti e dei corpi muliebri, simbolo di vita, dove sopravvivono continui cambiamenti e mutazioni che si sono innestati nel corso dei secoli fino ad arrivare ad un mondo contemporaneo che guarda oltre lo sguardo e si propaga verso quel futuro che non si conosce, ma si crea, si teme e si ricerca.
Le sculture di Franz Chi fanno convivere busti e volti umani dal sapore cyberpunk dove sono reinventati esseri straordinari, combinazioni tra uomini e macchine che assumono immagini ricche di suggestioni che rappresentano l’odierna società che non si arrende al concetto di morte, di vecchiaia, di tempo.

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Ennio Ludovico Chiggio. Lumen in ludum

ENNIO LUDOVICO CHIGGIO – LUMEN
a cura di Massimiliano Sabbion

6 maggio 2017 – 15 giugno 2017

L’arte di Ennio Ludovico Chiggio è un gioco, sì, un gioco di forme, di colori, di zone in ombra e altre in luce, dove si indaga lo spazio visivo, dove la luminosità è la responsabile dell’interpretazione della visione poiché è la luce che indaga negli spazi e nelle animazioni cinetiche ed optical che hanno da sempre accompagnato l’artista.
Lumen, il titolo dell’ultima esposizione dell’artista, deriva direttamente da “lumen“, l’unità di misura del flusso luminoso.
Lumen, perché il rilevamento dell’emissione visibile di fatto è il responsabile del meccanismo della visione delle opere esposte, dove alla curva di sensibilità dell’occhio e alla radiazione luminosa è affidata la percepibilità meccanica ed emozionale.

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“Still Job”, istinti di luce. La fotografia e l’arte di Sergio Vollono

Un ritratto è una rappresentazione, una descrizione di una persona interpretata secondo il gusto e le caratteristiche dell’arte coeva e dell’artista, passando dal naturalismo all’indagine psicologica a tratti espressionista si esteriorizzano i caratteri dell’individuo andando oltre l’aspetto esteriore.
L’originalità dei ritratti di Sergio Vollono risiede proprio nel riuscire a catturare con l’obiettivo sia l’aspetto esteriore sia quello interiore ponendo i soggetti di fronte allo svolgimento del proprio lavoro che non viene quasi mai esplicitamente citato, ma semplicemente suggerito, accompagnando lo spettatore a vedere e perdersi tra le forme e i colori che sono catturati e restituiti alla visione finale.
La tecnica del Light Painting enfatizza, per mezzo di un’illuminazione inusuale, la lettura delle “fatiche quotidiane” dei protagonisti ritratti in chiave di leggerezza.

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Art & Pop. Un selfie per Andy Warhol. Trent’anni di notorietà dai “15 minuti” di fama, all’eredità contemporanea dei social network.

Un artista è una persona che produce cose di cui la gente non ha bisogno,
ma che lui,
per qualche ragione,
pensa sia buona idea dar loro
(Andy Warhol)

Trent’anni dalla morte di Andy Warhol, tre decenni di storia e di arte che si sono susseguiti tra mutazioni sociali e cambiamenti epocali.
Ha ancora un significato parlare di “movimenti artistici” e di “arte”, di “artisti” in una società dove la parte del leone è assegnata alla visibilità mediatica più che alla competenza professionale?
Qual è il ruolo assunto oggi dall’arte contemporanea?

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Maria Candeo. Drone Art: in volo tra i colori e i confini dell’anima

Il tempo guarirà tutto.
Ma che succede se il tempo stesso è una malattia?
Come se qualche volta ci si dovesse chinare per vivere ancora.
Vivere: basta uno sguardo.”
(Marion – “Il cielo sopra Berlino“)

L’uomo ha sempre puntato lo sguardo verso l’alto, verso il cielo, alla ricerca dell’infinito e con la voglia di staccarsi dalla terra per volare, per andare oltre ai confini fisici compresi e catturati dal naturale meccanismo della visione.
Non riuscendo ad accontentarsi di vedere con il solo procedimento fisico l’uomo ha cercato di fare altro, di spingersi più in là creando mezzi che potessero catturare quella sorta di potente visione infinita che si estendeva oltre al visibile occhio nudo.
I primi sistemi cartografici per riuscire a segnare limiti e zone, la traccia di una mappatura dei luoghi per marchiare lo spazio circostante, i segni che si trasformano in luoghi, i colori in altrettante simbologie, forniscono l’aiuto ad uno campo che è così catturato e limitato per finire poi a riposare direttamente su un’unica superficie che identifica genti, luoghi e spazi in una sola visione: una mappa, una carta che serva come traccia per il punto in cui ci si trova.

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Incontro con Enrica Feltracco, curatrice d’arte.

 “Ti salverò da ogni malinconia,
perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te…
io sì, che avrò cura di te.”
(La cura – Franco Battiato)

Davanti ad una fetta di strudel (“Guarda che l’ho comprato? Ma solo perché non avevo tempo!” ci tiene a precisare Enrica) e ad una Coca Zero, più che un’intervista ad una curatrice le parole che seguono sono state un fiume di pensieri, di interruzioni tra sms, whatsapp, telefonate, i compiti di grammatica della figlia Anna, qualche sigaretta e tante risate, condite da qualche lacrima di commozione in alcuni punti, quali? A voi scoprirlo nella lettura che segue.

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La rivoluzione di un’evoluzione. Alessio Bolognesi: la natura (R)EVOLVE(R) salverà il mondo

L’uomo nella sua arroganza si crede un’opera grande, meritevole di una creazione divina.
Più umile, io credo sia più giusto considerarlo discendente degli animali.”
(Charles Darwin – L’origine dell’uomo)

L’evoluzione è un processo fatto di cambiamenti e di modificazioni che portano a una mutazione successiva morfologica e strutturale tra gli organismi viventi, per condurre questo sviluppo strutturale ciò di cui si necessita è il tempo.
Il tempo dunque è il responsabile dell’evoluzione, ma la costante trasformazione e adattamento delle specie viventi all’habitat porta spesso alla perdita di relazioni tra l’essere vivente e lo spazio in cui vive e si adatta.
Il cuore di (R)EVOLVE(R) si sviluppa attorno al processo evolutivo filtrato dall’osservazione contemporanea del mondo odierno: cosa succede se l’uomo, memore del suo passato, del suo lento scorrere del tempo, arriva pian piano a distruggere lo stesso ecosistema dal quale è stato generato? Come può ancora la natura silente accettare la distruzione dell’ambiente, delle specie e tacere di fronte all’evoluzione, o forse meglio dire “involuzione”, del pianeta Terra?

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Natale in Siria – performance di Marco Chiurato

Ci sono cose da fare ogni giorno:
lavarsi, studiare, giocare,
preparare la tavola,
a mezzogiorno.

Ci sono cose da fare di notte:
chiudere gli occhi, dormire,
avere sogni da sognare,
orecchie per non sentire.

Ci sono cose da non fare mai,
né di giorno né di notte,
né per mare né per terra:
per esempio, la guerra
(Gianni Rodari)

Sembra così lontano il conflitto siriano, lontano perché vissuto comodamente a casa dalla poltrona del salotto di, davanti alla tv che fornisce immagini polverose sotto un sole cocente da cui spiccano urla, pianti e deflagrazioni di spari e bombe: è la guerra, fuori dai nostri schemi e dai nostri occhi, eppure così vicino, al di là del mare che separa il mondo occidentale da un popolo che ci invade ogni giorno con i suoi dolori e la sua presenza.

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“Custodisci il tuo cuore più di ogni altra cosa” CUORE – Barbara Pigazzi, storia lacerata di una guerriera.

Elevo questa spada alta verso il cielo
Giuro sarò roccia contro il fuoco e il gelo
Solo sulla cima
Arriveranno in molti
E solcheranno i mari
Oltre queste mura troverò la gioia
O forse la mia fine comunque sarà gloria
Lotto per amore, lotterò per questo
Io sono un guerriero
Veglio quando è notte
(Guerriero – Marco Mengoni)

Barbara Pigazzi, si fa guerriera con l’arte usando l’arma che più le è congeniale: la fotografia.
La forza è una violenza emotiva attraverso il calore che è inscenato in installazioni tra oggetti e fotografie in cui si fa strada il simbolo per eccellenza dell’amore: il cuore.
Il cuore rappresentato è maltrattato dalla sudditanza di una donna guerriera in veste di geisha, simbolo della sottomissione del piacere e della cultura che la opprime, ma in realtà forte e combattiva, mai paga, mai arrendevole.
È un organo che pulsa quello rappresentato, nudo e vero, sede e motore della vita, responsabili degli attimi emozionali di cui l’esistenza si circonda, ma spesso maltrattato, usato e calpestato da chi dovrebbe proteggerlo e conservarlo con preziosa attenzione.

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