Pubblicato il 05 aprile 2016 in http://vecchiatoart.blogspot.it

Gli incontri con persone che pensano di essere un Dio in terra quando parli di arte e cultura sono molteplici, si sprecano gli sproloqui e l’aria attorno si riempie di quell’inconfondibile odore fatto di NIENTE, quel profumo formato da autentica FUFFA.
Eh si, ecco allora che le cose messe sul piatto di portata si condiscono con ovvietà, frasi fatte, ignoranza e punte egocentriche di malignità.
Non ci si stupisce di nulla poiché la creatività ha spazi infiniti ma la stupidità li supera: “Io so’ io, e voi non siete un cazzo”, già, troppo spesso l’individualismo supera le barriere del quieto vivere e della “buon galateo” in società.
Si arriva a scadere nel ridicolo con piccole guerre intestine di artisti contro artisti, amministrazioni compiacenti, critici sopravalutati, rancori che non pensano certo al risultato del bene comune e della collettività ma solo al proprio piccolo orticello su cui sono piantate cazzate e cattiverie.
L’arte parla a nome di tutti, ma non tutti parlano a nome dell’arte e quindi un poco di amaro in bocca ci sta poi sempre.
Dietro l’angolo si sprecano i sorrisi e i “Complimenti comunque” ma i coltelli affilati poi si avvicendano senza sapere da che parte son stati lanciati.
Come reagire a tutto questo quando a farne le spese risulta essere il lavoro di un artista o di un’equipe di persone? Semplicemente fregandosene! Il mondo è pieno di imbecilli e combattere contro i mulini a vento ci ha già pensato in passato Don Chisciotte che tutti prendevano per matto addolcito com’era nelle sue qualità da sognatore.
La soluzione migliore è lasciar perdere e continuare a far parlare di sé per mezzo del lavoro che si propone, con costanza, impegno e fatica, tanto chi ci odia continuerà a farlo sempre e in ogni modo.
Ma chissenefrega! C’è posto per tutti anche per chi non lo merita, spendere il proprio tempo per difendersi o per rispondere agli attacchi diventa poi tempo sprecato dove incanalare altre energie e situazioni. A volte penso che “Per fortuna siamo oltre sette miliardi al mondo!” altre “Purtroppo siamo oltre sette miliardi al mondo!”, dipende dagli stati d’animo.
Rivoltarsi contro chi dà le possibilità di fare un’esposizione, un evento o semplicemente uno spazio per dare visibilità ha poco senso poi, quanto dura una mostra? Quindici giorni? Se va bene uno o due mesi, massimo tre. E poi? Tutto finisce e si dimentica a favore del prossimo evento ed episodio da prendere in considerazione.
Quindi niente sangue amaro se tutto non fila per il verso giusto, passa sempre tutto e “Dopotutto domani è un altro giorno!” come diceva l’indomita Rossella O’Hara in “Via col Vento”.
Sinceramente sarei più preoccupato di chi si “rivolta nella tomba” che dei “rivoltosi contemporaneisti” a caccia di giustizia contro la deturpazione dello spazio pubblico o millantate prese in giro perché questa mostra “non s’ha da fare”: provate ad “insultare” (a cazzo) la memoria di un artista che si cita o di una frase critica che sta tanto bene nella condizione ma non certo nella circostanza proposta, questo è più grave!
Parlare ad esempio di un artista che ha “scoperto il cubismo” nel 2016, un po’ tardino mi pare, mi sembra più grave di chi invece compie sperimentazioni tecniche e materiali ed ha il coraggio di provare ed osare ma è comunque sempre sotto attacco e giudicato.
Citare Fëdor Dostoevskij come incipit di un testo, farà pure tanto figo ma se non si lega a nessun senso logico successivo l’associazione scade nel patetico e ridicolo, come voler mangiare “cavoli a merenda” (n.d.r.: “Stonare, non avere alcuna attinenza con l’argomento o il fatto di cui si tratta”, appunto…).
Imparare, leggere, documentarsi, studiare, sperimentare, vedere le cose degli altri, continuare una volta completato il percorso di nuovo a vedere le cose degli altri, sperimentare, studiare, documentarsi, leggere, imparare.
Mi spiace. Non c’è soluzione migliore né formula magica e come dice un vecchio detto: “La vita è una questione di culo: o ce l’hai, o te lo fai, o te lo fanno”, meglio un pizzico della prima parte, tanto della seconda, zero assoluto dell’ultima.