Pubblicato il 10 marzo 2017 in http://vecchiatoart.blogspot.it

Un vincente trova sempre una strada, un perdente trova sempre una scusa”
(Lao Tzu)

Chi urla e sgomita è davvero l’uomo che si impone ed emerge?
In questo mondo fatto di visibilità e dominio social è davvero essenziale arrivare sempre e solo per primi?
Sicuri che la prevaricazione è la sola e unica arma per arrivare tra i primi posti?
Si sente sempre più spesso parlare di “qualità”, “eccellenza”, “numeri uno” in ogni ambito con la consapevolezza e convinzione che bisogna essere i primi della classe, ma spesso queste parole si associano solo a vuoti d’aria senza avere la consistenza e le capacità per essere davvero persone e prodotti di “qualità”, “eccellenza” e “numeri uno”.
Non è vero che la cattiveria e l’incapacità gestionale vincono sempre, non c’è bugia peggiore che dichiarare che si va avanti solo grazie ad appoggi compiacenti e conoscenze introdotte del settore, certo, le “spintarelle” possono aiutare, una parola di supporto all’operato svolto inducono a focalizzare le aspettative, ma una carriera, un lavoro intero, un risultato non si sviluppano solo sulle accondiscendenti amicizie.
È importante dimostrare ciò che si vale attraverso una sana dose di curiosità, studio e ricerca per essere sempre aggiornati e pronti al conseguimento delle aspettative richieste, una sfida continua con se stessi prima di tutto.
Nell’arte è facile cadere in tentazioni fallaci dove si pensa che chi crea e non è riconosciuto sia solo fuori da un circuito che non gli permette di emergere, ma bisognerebbe invece fare un piccolo esame di coscienza e far tornare alla mente un vecchio aforisma confuciano: “Non preoccuparti del fatto che la gente non ti conosce, preoccupati del fatto che forse non meriti di essere conosciuto”.
Addossare sempre la colpa agli “altri”, identificando di volta in volta chi sono questi fantomatici “altri”, nello specifico li si individua poi in critici, curatori, gallerie, musei, istituzioni, pubblico.
È necessario porsi allo specchio e guardarsi per una più profonda considerazione “della colpa” del perché non si piace o non si è capiti, la risposta inoltre arriva sempre proprio da noi stessi: si provoca un allontanamento dalla realtà specifica dove è più semplice accusare “la società” e “l’esterno” che non vedere i propri errori ed orrori.
L’arte è superflua nella società contemporanea, un bene di cui necessariamente possiamo fare a meno, ma il gusto di ciò che è piacevole e provoca emozione è ancora il motore che fa andare avanti la ricerca artistica e determina la smania di collezionismo e di voglia di circondarsi di cose gradevoli in base al nostro giudizio soggettivo.
Gli artisti che in qualche modo vengono “pompati” da sedicenti critici, sostenuti da operazioni di marketing e merchandising prima o poi si rivelano essere giganti dai piedi d’argilla che crollano miseramente lasciando alle loro spalle solo danni sia a livello emozionale sia a livello economico e, non per ultimo, guasti in ambito storico e critico.
Perché questo accanimento verso il mondo artistico dove tutti vogliono fare gli artisti ed esporre i loro lavori? Dove sono finite la professionalità, le competenze e la ricerca? Ma soprattutto dov’è l’umiltà e la capacità autocritica di confronto? Attaccare due pennelli su una tela non fa dell’artista di turno automaticamente un nuovo Arman, mettersi a saltare mezzi nudi su un palco non crea eredi di Marina Abramovic, tagliare una tela in due non è la riprova di essere figli di Lucio Fontana.
Se gli artisti si presentano e l’interesse c’è, di sicuro si muove sempre qualcosa, il pubblico in primis e i professionisti poi che aiutano, attraverso i giusti canali, ad emergere, ma insieme a loro anche, faccia opposta della medaglia, gli sciacalli, gli imbonitori e coloro che creano false speranze e illusioni effimere: bisogna stare attenti e saper scegliere e/a farsi scegliere.
Se un artista ha qualcosa di valido da esporre di sicuro le proposte arrivano e avanzano, non è solo questione di visibilità e fortuna, conta la bravura, la costanza di fidarsi di un percorso fatto bene e, soprattutto, in un lavoro in cui credere e che non risulti mai banale.
Poi? Poi se tutto procede e va adeguatamente allora dal “signor Nessuno” si passa ad essere riconosciuto e criticato, ma “le critiche sono la tassa che un uomo paga al pubblico per essere famoso” (Jonathan Swift), ma questa è un’altra storia…