Pubblicato il 18 luglio 2017 in http://vecchiatoart.blogspot.it

L’affermazione che una persona creativa dà di sé e del suo lavoro può condurre al pensiero di ciò che la sua peculiarità operativa conduce a fare: io sono un artista.
Sì, colui che produce opere d’arte é un artista, un emozionale personaggio che si fa portavoce di sentimenti, idee e pensieri a favore di altri che non riuscendo ad esprimerli trovano nel veicolo artistico il prodotto di quanto percepito, ma non plasmato, a questo ci pensa, appunto l’artista.
Ma chi é l’artista? Quale definizione migliore lo identifica?
In fondo tutti nel loro mondo sono degli artisti dalle sarte al cuoco, dall’idraulico al fiorista, perché il talento di cui ognuno é dotato lo rende eccellente nella sua materia.
Il dono ricevuto fa della professione il proprio vanto e ne diventa lavoro, e il lavoro é da considerarsi sempre come impegno, studio, dedizione e soprattutto fatica, perché lavorare é faticoso, occupa tempo, energie e forze.
Non basta la fortuna o l’indirizzo corretto per raggiungere la via, ci vuole preparazione, costanza, bisogna provare, tentare, avere anche l’incoscienza di rischiare, ma una volta che si é padroni della propria consapevolezza, dopo che si conosce la tecnica e la materia, il lavoro creativo, le stesse intuizioni geniali pervengono senza nessuna fatica di sorta.
Un piatto di pasta cucinato e condito con un po’ di olio e parmigiano non fa del soggetto uno chef stellato, é solo sopravvivenza culinaria per colmare la fame, la ricercatezza di un piatto non serve per riempire lo stomaco, ma per meglio apprezzare sapori, combinazioni, gusti ed esaltare il senso del piacere ad ogni morso e si degusta così un senso di soddisfazione sia visiva sia culinaria.
Uno chef saprà, attraverso la scelta accurata degli ingredienti, trasformare un semplice piatto di pasta in un’esperienza unica, in una vera e propria esplosione di sapori mai provati, di cose nuove, di realtà mai immaginate prima.
Perché? Semplicemente perché la sua dedizione, il suo essere professionalmente competente, lo differenzia per esperienza e scelta qualitativa da altri suoi colleghi e, soprattutto, da chi come pubblico saprà riconoscere e apprezzare le sue particolarità.
Bisogna, in questo frangente per riuscire a trasformare le proprie qualità, essere stimati e giudicati e andare esattamente oltre il proprio piccolo muro di cinta fatto di tecnica si, ma soprattutto di intuizioni e di studio.
Nella storia dell’arte gli artisti si sono sempre sfidati in primis con se stessi, riuscendo ad andare oltre al linguaggio iniziale per completarne poi uno unico che ne diventa il tratto di riconoscimento effettivo.
L’arte classica e moderna comparano gli artisti in base all’abilità rappresentativa e tecnica: gli artisti dovevano essere assolutamente capaci di disegnare, dipingere e scolpire, solo così le eccellenze sono emerse proprio perché i migliori nel settore: Giotto, Michelangelo, Raffaello, Leonardo erano capaci di usare tecnica e materiali.
Nell’arte contemporanea il linguaggio cambia, non è necessario avere una formazione classica in arte, non sempre gli artisti che si presentano sanno disegnare o scolpire, ciò che conta è come l’artista riesce a dire le cose, con quali mezzi e, soprattutto, con quali risultati poi.
Non importa che a produrre le opere sia poi un capace artigiano, posso delegare un terzo a compiere ciò che la mia manualità è incapace di esprimere, è il successo che si basa sulle geniali ricerche e sui lavori di sasolo per citare qualche nome.
L’artista quindi è chi realizza l’opera in sé o chi esplora nuovi linguaggi e argomenta in modo differente lanciando l’idea e facendola poi realizzare da altri?
La tecnologia, le scoperte scientifiche, la globalizzazione, giungono all’arte dominando lo spazio creativo che solo l’artista sa cogliere e restituire, quell’anonimo piatto di pasta all’olio diventa quindi l’eccellenza tra i piatti, perché condito con qualcosa di speciale e di diverso: lo scavalcamento del confine conosciuto e tutto non diventa mai anonimo, mai banale.
Marcel Duchamp in fondo lo aveva già in qualche modo procrastinato: i ready made sono semplicemente un cambio di prospettiva di ciò che si vede, perché ciò che importa nell’arte odierna non è (solo) scandalizzare, urlare, demolire, ma superare, superare limiti, fonti e barriere.