Pubblicato il 14 luglio 2017 in http://vecchiatoart.blogspot.it

Lo scienziato non porta niente di nuovo. Inventa soltanto ciò che serve.
L’artista scopre ciò che non serve. Porta il nuovo
(Karl Kraus)

Perché siamo così legati alla realtà? Il mondo reale ci dà sicurezza, appiglio nel caos quotidiano, rifugio dalle mille cose che invadono cuore e mente e si finisce per ricorre in questo modo alla certezza di un’immagine che riproduce il vero, il mondo circostante.
Spesso davanti ad una riproduzione scultorea o pittorica si sente esclamare “È così bella che sembra vera, viva!”, “Quel quadro pare una fotografia”, “Si ha la sensazione che parli, che si muova”.
La riconoscibilità di qualcosa che sia vivo, reale, porta a dare allo spettatore un confronto con la sua quotidianità, con elementi che gli sono congeniali e si arriva a decodificare e confrontare il tutto con l’esperienza personale.
Il paragone con la realtà in arte può essere disturbante o talmente aderente alla mimesi del vero che ci si scorda che l’arte è solo una mera rappresentazione del reale e frutto della creatività e fantasia del suo autore.
Anche quando si cerca di fissare l’attimo reale con mezzi visivi più contemporanei e disparati come video o fotografia, il risultato risente sempre della sensibilità di chi filtra la realtà con l’approccio emozionale e creativo.
L’astratto e il concettuale costringono a pensare, a decifrare ciò che si vede, ad avere una chiave di lettura per entrare dentro i pensieri e farne scaturire altri ancora a chi osserva, con il reale si “guarda”, con il concettuale si “vede”, si va oltre al meccanismo visivo che interpreta e riconosce il soggetto rappresentato.
La perenne diatriba tra astratto e realismo non troverà mai un vincitore, il mondo dell’arte ruota attorno al concetto di reale e di immateriale, a volte entrambe le scuole di pensiero gareggiano e si rincorrono, passano dall’una all’altra parte, giocano per mezzo degli artisti e si riflettono via via nelle opere che si contaminano tra loro, si sovrastano negli stili e nei risultati, si dividono, camminano per sentieri separati, si incrociano, è una storia fatta di amori e di odi, ecco cosa sono in fondo realtà figurativa e concettualismo.
Il figurativo arriva spesso ad essere più amato perché è più riconoscibile, perché ci sono più metri di giudizi e il confronto con la realtà è evidente e immediato.
Lo sforzo intellettuale si ferma al mero riconoscimento del soggetto proposto, ma la realtà così come viene raffigurata è sempre menzognera, falsata, perché è la realtà visiva proposta dall’occhio di un attento osservatore che la muta a suo piacimento, a seconda della sua sensibilità, è la visione dell’artista quella che è proposta.
Si pensi, ad esempio, al mondo della pubblicità che invade quotidianamente la nostra giornata, uno spot pubblicitario è il risultato di una serie di emozioni che cercano di catturare in primis l’attenzione dello spettatore, si ricrea una situazione in cui il prodotto posto in visione diventa il protagonista dello sketch per i secondi in cui compare e sulla quale si costruisce il piano di vendita perché diventi l’oggetto del desiderio dello spettatore.
Le situazioni create sono distorte dalla realtà, a volte surreali, a volte astratte e così si finisce poi per riconoscerla questa realtà: nessuno si alza al mattino felice per far colazione con i biscotti tempestati di gocce di cioccolato, nessuna mamma accoglie sorridente il figlio sporco dalla testa ai piedi perché può finalmente lavare i panni con il nuovo super detersivo, nessuno impazzisce di gioia per aver provato le magiche proprietà di uno yogurt, tutto è reale, ma tutto è illusorio.
Perciò anche la realtà che ci viene presentata nella pubblicità non è solo il frutto di una fantasia al servizio di un messaggio? Perché quindi questa realtà ci piace così tanto sapendo che, fin da subito, non è vera? Perché a tratti ci si immerge e riconosce e si individua ciò che è vero da ciò che non lo è, perché la creatività si rapporta con la mimesi della realtà, ma non è la realtà, ne è una traccia.
Gli Impressionisti, ad esempio, fissarono l’attimo in cui il soggetto viene osservato, ciò che si vede è ciò che è suggerito dall’occhio ed è la rappresentazione del mondo circostante, ne è un’interpretazione visiva il più possibile aderente alla reale.
Sembra impossibile che su una tela si possa bloccare il tempo, lo spazio, un’idea, un pensiero e trasformare tutto in un’emozione, l’aderenza alla realtà è il riconoscimento di un mondo quotidiano, la visione di un concetto è il simbolo di una bellezza che non si può toccare, ma solo sentire.
Perché amiamo la realtà? Perché ci dà punti fermi.
Perché sviluppiamo il mondo astratto e concettuale? Perché ci dà modo di dare voce alle idee non percepibili fisicamente.
Perché amiamo l’arte? Perché l’arte è il superfluo, il superfluo di cui non possiamo fare a meno.