Visionary Art Gallery
Alzaia Navigio Grande, 54
20144 – Milano

Inaugurazione 7 settembre 2023

“Ritengo che ci voglia più coraggio a creare cose che poi se ne vanno, che a creare cose che restano”.

“‘La bellezza, la scienza e l’arte trionfano sempre”

(Christo)

Christo (1935-2020) e Jeanne- Claude (1935-2009), due artisti, ma anche marito e moglie e nel mezzo della loro vita l’arte, l’opera, la carriera il tutto sempre vissuto come un sodalizio fatto di amore e di lavoro, ma come si può classificare e definire il percorso artistico di questa coppia?

È riduttivo definirli come “gli artisti che imballano le cose”, Christo e Jeanne-Claude non sono solo coloro che impacchettano oggetti, edifici, isole, laghi e ponti, ma sono anche, e soprattutto, i creatori di elaborati di una Land Art silenziosa e poetica, di processi visivi impattanti, ma delicati e di segni visibili in loco che si tramandano grazie ai progetti, ai video e alle fotografie e che segnano un’epoca e una visione artistica unica e riconoscibile.

Progetti unici come gli “ombrelli giapponesi” o le “isole circondate” diventano operazioni artistiche che si mescolano tra filosofia e funzione di opere d’arte (con)temporanee di cui restano come testimonianza film, libri, disegni preparatori, collage e modelli in scala che si trovano ora nei musei di tutto il mondo e nelle collezioni private. Le loro opere sono state anche definite “sculture-architetture”, molte di queste sono state create dal duo artistico per colloquiare con il passato storico, per lasciare una traccia, seppur flebile e spettacolare, al pari di un’opera scultorea monumentale o di un’opera architettonica.

Scultura-architettura possiamo considerare la Porta Pinciana a Roma, il palazzo del Reichstag a Berlino, ma anche gli scenografici ponte Neuf e Arc de Triomphe a Parigi. Christo, il cui nome per esteso è Christo Vladimirov Javacheff, nasce in Bulgaria, la più devota nazione stalinista del blocco comunista, ma il suo sogno rimane Parigi, la capitale dell’arte contemporanea europea dove era possibile studiare e vedere gli artisti in maniera diversa, dal vivo, senza bisogno di sognarli sulle pagine di un libro.

Per arrivare a Parigi Christo passa per Praga, dove, per la prima volta, ammira le tele di grandi pittori moderni. È il 10 gennaio 1956 quando, insieme ad altre diciotto persone, Christo corrompe una guardia di frontiera sul confine ceco e si assicura un viaggio in treno, nascosto in un vagone merci, fino ad arrivare a Vienna per trasferirsi poi a Ginevra e, finalmente, a Parigi nel marzo del 1958. Per vivere Christo realizza ritratti e viene segnalato per il ritratto della moglie del generale de Guillebon, un eroe di guerra francese che aveva liberato Parigi dall’assedio nazista, i ritratti saranno in tre versioni: realista, impressionista e cubista. È la figlia del generale, Jeanne-Claude, che cambierà la vita dell’artista bulgaro diventando il suo amore, la sua compagna di vita e un’artista per sempre legata alle opere che porteranno da allora il binomio Christo e Jeanne-Claude. Il destino. Nati lo stesso giorno, mese e anno, il 13 giugno 1935; Jeanne-Claude, sposata da poco con Philippe Planchon, scopre di essere incinta di Christo, divorzia dal marito e l’11 maggio 1960 nasce Cyril, il figlio della coppia. Si sposano e il testimone di nozze sarà Pierre Restany, critico d’arte fondatore del Nouveau Réalisme.

La vita artistica della coppia si delinea pian piano verso il cambiamento: Christo si libera del cognome Javacheff e comincia ad utilizzare il tessuto per realizzare le sue opere d’arte. L’impacchettare oggetti come bottiglie, lattine, sedie, automobili, carrelli diventa la riconoscibilità artistica dell’operato: camuffare, ricoprire, nascondere per svelare, gli oggetti comuni possono essere in questo modo nascosti e avvolti completamente o solo schermati in parte con il risultato che il contenuto dell’impacchettamento non può essere né riconoscibile né visibile totalmente.

Svelare occultando” è il termine che viene usato da David Bourdon nel 1970, ed è l’espressione che più si avvicina all’arte di Christo. Nascondere le cose per porre l’attenzione, per palesare, far vedere e riconoscere, guardare in modo diverso e con occhi nuovi le cose, la società, lo spazio attorno, l’uomo. Il 1964 è l’anno del trasferimento a New York, nuova capitale dell’arte contemporanea, ed è l’anno di nuovi inizi, di nuovi progetti: rivestire i musei, i monumenti in pacchetti chiusi per spostare così l’attenzione dal contenuto al contenitore. Sono gli anni della pubblicità, dell’effimero, del packaging, è l’epoca del boom economico, della produzione di massa, della rivoluzione post industriale e sociale, anni della Pop Art, ma anche il momento della nascita dell’ecologia, dei movimenti come Fluxus, dell’arte individuale, artigianale e naturale, è il momento della Land art.

La creazione che invade Christo e Jeanne-Claude si avvale della forza di ricerca, di sperimentazione, di curiosità, ma soprattutto di collaborazione e cooperazione per creare opere che durano poco più di due settimane sul territorio, tutte autofinanziate, nessuna multinazionale, nessuno sponsor. L’opera dei due artisti, una volta progettata, schizzata e preparata verrà messa in atto e rimarrà posizionata solo per un breve periodo di tempo, poi smontata e rimossa: ma cosa rimane di questa azione artistica? Rimane la memoria. La memoria delle persone che ha visto e vissuto in maniera diretta la “scultura-architettura”, rimane la memoria a ricordare il processo creativo attraverso i ricordi, i progetti, i giornali, i libri d’arte, i disegni e le stampe.

È la memoria che ricorda, solca e segna le opere site specific che compaiono come per magia in un surreale paesaggio e poi…poi si dissolvono, lasciando una scia dietro di sé fatta di studi, filmati, foto, progetti, libri che testimoniano la traccia vissuta, rimangono inoltre le persone che hanno visto e toccato i tessuti, il pubblico è il testimone della parte visiva, il pubblico ha assistito all’impacchettamento e palesato, in questo modo, “l’effimero come sogno”.

Surrounded Islands a Miami, Stati Uniti (1980 – 1983)

“Le isole circondate” di Miami, un progetto imponente dedicato allo spazio aperto, alla natura e all’ambiente naturale, un’opera piena di poesia e delicatezza, un’opera audace: una cintura di polipropilene fucsia circonda ciascuna delle undici isole artificiali della baia di Biscayne, per lo più usate come depositi di rifiuti. Nell’aprile 1981, si forma il progetto con un team di avvocati, consulenti tecnici, un ingegnere marino, un’impresa di costruzioni, un biologo marino, un ornitologo e un esperto di mammiferi: tutti lavorano alla preparazione dell’impacchettamento delle isole. Per un breve periodo il paesaggio cambia tra armonia e bellezza tropicale, il gioco di luce del cielo e delle acque di Miami svela la delicatezza di colori e sfumature. Dall’alto sembra la realizzazione visiva delle Ninfee di Claude Monet, si coglie l’attimo e “il rosa a Miami (fino ad allora) voleva dire fenicotteri, tramonti e alberghi in stile Art Decò. Ora vuol dire Christo” (The Orlando Sentinel, 17 aprile 1983).

The Umbrellas, Prefettura di Ibaraki, Giappone e California, Stati Uniti (1984 – 1991)

Un progetto nato per essere utilizzabile in maniera simultanea in due posti differenti del mondo: Giappone e Stati Uniti che, insieme, danno vita ad un’unica opera d’arte. L’installazione è fatta di ombrelli alti 3,65 m. e larghi 5,5 m.: 1340 blu in Giappone e 1760 gialli negli Stati Uniti. Un’operazione di Land art, nessun impacchettamento, solo bellezza e grazia in due vallate differenti prese vita per 18 giorni dal 9 ottobre 1991. Undici fabbriche fra Giappone, Stati Uniti, Germania e Canada furono impegnate nella preparazione dei vari elementi. L’opera d’arte temporanea fu interamente finanziata dagli artisti attraverso la vendita di opere preparatorie del progetto. Gli artisti non accettarono alcuna forma di sponsorizzazione. Ogni singolo ombrello, ogni elemento, divenne parte del territorio fino a creare uno spazio a se stante, come case senza muri, vuote ed transitorie che indagarono lo stato effimero dell’arte.

The Pont Neuf Wrapped, Parigi, Francia (settembre 1985)

Impacchettare monumenti, luoghi storici permette all’autore di cambiare e mutare luoghi e fabbricazioni: sono spesso irriconoscibili e proprio per questo attraggono lo sguardo e lo spettatore che ne rimane ammaliato. Christo avvolge l’architettura e la natura, con la quale colloquia, in maniera effimera, delicata in un intervento che sa meno di Land Art, ma è invece quasi più pittorico. Passa dal tessuto bianco al telo colorato sperimentando effetti cromatici nuovi sia sull’ambiente sia sull’impatto visivo verso lo spettatore. Le forme, avvolte in magnifici emballages dalle stoffe scintillanti, fissano lo sguardo su che cosa c’è sotto, cosa è imballato, come fantasmi nascosti pronti a svelarsi e riapparire. L’oggetto così nascosto ritorna alla sua funzione, ritorna ad essere ciò che era, ma ora chi lo guarda e lo scruta, lo vede come qualcosa di diverso, di nuovo, come se fosse mostrato per la prima volta. Il ponte più vecchio di Parigi, il Pont Neuf, costruito alla fine del Cinquecento, è il punto di collegamento della città e diventa il focus del progetto completamente autofinanziato da Christo e Jeanne-Claude. Il ponte verrà avvolto senza intaccarne la struttura con una copertura che sembra un enorme telo d’oro nei sui 40.000 m2 di stoffa e spacchettato poi dopo quattordici giorni. In quelle due settimane il ponte è comunque utilizzato e usato per essere attraversato, Christo voleva trasformalo “da un oggetto architettonico, da un oggetto d’ispirazione per gli artisti, in un oggetto artistico e basta”, aveva dichiarato infatti la volontà di mostrarlo “per la prima volta come una scultura, ma effimero come il mio sogno”.

Wrapped Reichstag, Project for Berlin a Berlino, Germania (giugno 1995)

Il palazzo del Reichstag è impacchettato con un tessuto argentato nel 1995, ma che ha avuto una gestazione cominciata nel 1971. La svolta arriva nel 1989 quando a novembre di quell’anno cade il muro di Berlino. Il 20 giugno 1991 si riporta Berlino come capitale della Germania unita e il Wrapped Reichstag, costruito nel 1984, incendiato nel 1933, quasi distrutto nel 1945, diventa il simbolo della moderna storia tedesca. Due settimane bastano per attirare l’attenzione rivestendo questo storico edificio con un tessuto argenteo, segnato da corde blu e ravvivato da pieghe orizzontali che ne evidenziano la maestosità e le imponenti proporzioni. “Il tessuto cattura la fisicità del vento e del sole; le opere mostrano la loro bellezza e poi, in brevissimo tempo non esistono più”, un’altra opera temporanea che sfida così il concetto di opera immortale, eterna.

The Gates, New York, Stati Uniti (2004 – 2005)

Nel febbraio 2005 il Central Park di New York fu investito (e rivestito) da quella che venne definita “una ventata di bellezza e allegria”: 30 km di percorso attraverso Central Park, costruito con 7503 portici alti 5 metri e disposti a 4 metri di distanza fra loro. Quattro milioni di persone visitarono il parco sotto i corridoi color zafferano sotto il soffio del vento, scaldati dal sole e bagnati dalla pioggia creando alle porte di New York un progetto partito come idea nel 1979, sfuggita la sua realizzazione nel 193-84 e che ha visto poi la luce solo il 12 febbraio 2005. L’opera rimase installata per sedici giorni, poi smantellata e i materiali furono riciclati industrialmente, chi l’ha vissuta ricorda come l’opera d’arte site specific trasmettesse la sensazione visiva ed emotiva di poter camminare sotto un soffitto dorato. The Gates allude alla tradizione delle porte torii giapponesi, tradizionalmente costruite all’ingresso dei santuari shintoisti. Migliaia di torii color vermiglio fiancheggiano i sentieri del santuario di Fushimi Inari a Kyoto, in Giappone. Gli uomini d’affari giapponesi di successo acquistavano tradizionalmente un cancello in segno di gratitudine a Inari, il dio della prosperità mondana. Il progetto si chiama The Gates, Central Park, New York, 1979–2005 in riferimento al tempo trascorso dalla proposta iniziale degli artisti fino a quando non sono stati in grado di portarla avanti e realizzarla.

The Floating Piers, Lago d’Iseo, Italia (2016)

Una passerella di 4,5 km sul Lago d’Iseo realizzata dal 18 giugno al 3 luglio 2016, una rete di pontili galleggianti aperti al pubblico, messi in opera sul lago d’Iseo, tra Sulzano, Montisola e l’isola di San Paolo. La rete di pontili è stata realizzata con circa 220000 cubi di polietilene ad alta densità e ricoperta da 100000 metri quadrati di tessuto giallo cangiante e ha permesso agli spettatori di “camminare sulle acque” del lago. La “passerella galleggiante” del lago d’Iseo è stata poi completamente rimossa senza lasciare traccia del suo passaggio. Questo progetto per l’acqua è stato concepito negli anni ‘70, per il Rio de la Plata in Argentina, ma i permessi per la realizzazione non sono mai pervenuti. “Quello che mi interessa è il viaggio, il processo della preparazione e realizzazione. La temporaneità e il tessuto sottolineano appunto il carattere effimero dell’arte; il risultato, il piacere è veloce, è il processo per arrivare alla fine che conta. E nessuno potrà mai possederlo e comprarlo”. The Floating Piers rende partecipe lo spettatore che attraversa l’opera d’arte e il territorio ne esce valorizzato senza essere violato o trasformato: “È un’opera tra terra, lago e società, che cambia la percezione del paesaggio”.

L’Arc de Triomphe, Wrapped, Parigi, Francia (18 settembre – 3 ottobre 2021)

L’imballaggio del Arco di Trionfo, uno dei monumenti più importanti della capitale francese è stato avvolto, quasi accarezzato da un tessuto blu-argento e corda una corda per due settimane nel 2021. Christo e Jeanne-Claude pensarono per la prima volta di avvolgere l’Arco di Trionfo de l’Etoile nel 1961.  La pianificazione effettiva del progetto è iniziata poi solo nel 2018, con l’intenzione di completarla nella primavera del 2020 in concomitanza con una mostra dedicata ai due artisti al Centro Pompidou. Christo voleva lavorare “oltre la mostra”, pianificando e autofinanziando, come sempre, il progetto. È stato il primo lavoro realizzato dopo la morte di Jeanne-Claude avvenuta nel 2009, le difficoltà dovute alle restrizioni per il COVID-19 e la morte di Christo il 31 maggio 2020 hanno rallentato la sua realizzazione. Nonostante la scomparsa dell’artista fu ben chiara l’intenzione di portare a compimento il progetto utilizzando 25000 metri quadrari di tessuto riciclabile in polipropilene blu-argento fissato con 3000 metri di corda rossa da realizzarsi nel mese di settembre per non disturbare il periodo di nidificazione dei falchi pellegrini. Una scenografia dove il panneggio fluttua tra le forme architettoniche creando una scenografia a cielo aperto con la luce riflessa nelle pieghe del tessuto argentato, il gioco cangiante di luce e ombre, il tutto nelle intenzioni di Christo era di creare “un oggetto vivente che si animerà col vento e rifletterà la luce. Le pieghe si muoveranno, la superficie del monumento diventerà sensuale. Le persone vorranno toccare l’Arc di Trionfo”.