Nell’era del sensazionalismo, di chi la spara più grossa o deve per forza dire qualcosa a tutti i costi che ruolo ha ormai l’arte? È davvero necessario comunicare attraverso le immagini poiché visivamente si è immersi quotidianamente da foto, segni, colori, forme e video che invadono costantemente i social network ed ogni minuto della nostra vita?
Chi è quel pazzo che si occupa di cultura, di musica, di arte? Che scopo ha la sua figura in questa società sempre più materialista e opportunista? È superfluo il ruolo svolto dalla cultura? In fondo anche a chi si occupa di arte e dirige fondazioni e musei, sono richieste competenze che vanno al di là della passione e della visione culturale, quindi sempre più management e sempre meno uomini di creatività e ingegno?
Le righe che seguono potrebbero specificatamente far parte di una dicitura che si realizza sotto il segno “tratto da una storia vera“, quasi un docufilm (se reale, commedia, horror o di fantascienza, a voi lettori le conclusioni), sono qui di seguito elencate le competenze richieste per ricoprire un ruolo a tempo determinato all’interno di un museo:
1. aver maturato significative esperienze in ambito curatoriale, editoriale, televisivo, musicale e nell’organizzazione di eventi culturali;
2. complessità delle attività e/o delle strutture gestite e risultati conseguiti;
3. specifica competenza attinente l’utilizzo delle tecnologie in ambito museale;
4. esperienza e pubblicazione materiale scientifico ed editoriale;
5. esperienza web, social network, gestionale e pubblicitaria;
6. esperienza nell’ideazione e nell’implementazione di progetti di comunicazione;
7. esperienza nell’ideazione e nell’implementazione di progetti di fundraising;
8. esperienza nell’ideazione e nell’implementazione di progetti di crowdfunding;
9. esperienza di gestione di consigli di amministrazione e/o comitati scientifici;
10. esperienza nella predisposizione e attuazione di accordi con soggetti pubblici e privati.
A parte la parola spesso ripetuta, “esperienza”, si richiedono competenze da saltimbanchi, dove si deve essere in grado di fare tutto, di sapere tutto, ma proprio tutto tutto tutto!
Dall’ambito culturale a quello manageriale, tecnologico, scientifico, economico a quello relazionale, amministrativo, editoriale, musicale, televisivo, quasi un “dire, fare, baciare, lettera e testamento“!
Corretto avere tutto sotto controllo e conoscere un po’ tutto, ma il troppo storpia e si arriva ad incrinare altri sistemi scordando lo scopo primario dell’arte…
Ecco, con la marea di richieste poi la ricerca sarà completa e affine a quanto desiderato, naturalmente il tutto condito con l’esperienza maturata che, a bene vedere, è sempre poca se dobbiamo analizzare ogni singola voce nello specifico.
L’esperienza, per essere chiamata tale, deve essere maturata almeno in un arco di tempo, facciamo di minimo tre anni che, sommati l’uno all’altro nei vari campi, fanno un periodo di circa trent’anni di consapevole conoscenza massima. Quindi? O si cerca un essere soprannaturale o una persona vicino ai settant’anni per ricoprire (cito) “un ruolo a tempo determinato, con possibilità di sviluppo e crescita“, crescita per chi poi? Con tutta l’esperienza maturata si vuol raschiare proprio il fondo ed ottenere il massimo con il minimo compenso e sforzo? Pare proprio di sì!
È come se al signor idraulico che si ritrovasse a sistemare la perdita del rubinetto del lavello della cucina di casa si dovesse richiedere oltre le specifiche sue competenze in campo idraulico anche e non solo esperienza formativa come ingegnere, costruttore, arredatore, architetto, paesaggista, e perché no, curriculum stimato con resoconto della viabilità stradale poiché in fondo deve conoscere la strada per arrivare nel luogo dove dovrà operare, conoscenze meteorologiche in previsione di nubifragi o accaldate giornate e, per finire, padronanze culinarie per ottimizzare i tempi di gestione lavorativa nel quale si troverà impegnato e noi impossibilitati a realizzare la cena serale per i nostri ospiti, mettiamoci pure anche una punta di fashion blogger che va così tanto di moda. Senza contare, ovviamente, l’aspetto pubblicitario, economico e manageriale del suo ruolo in azienda con relativi feedback acquisiti.
Sia chiaro, in questo modo la parte burocratica e di ricercatezza dell’eccellenza, scarta a priori le possibilità di lavoro ed eccellenza di tanti giovani pronti a far valigie ed andarsene da un Paese che in questo modo non li vuole più, non vengono mai scelti in un posto che non sa che farsene di creatività, entusiasmo, voglia di imparare, come si matura questa benedetta esperienza allora?
Le opportunità alla fine della fiera scemano sempre più come fili d’erba nell’asfalto del manto autostradale, una catramata di inettitudine sobbarcherà i tempi e gli spazi futuri, si arriverà al collasso con molta probabilità di ruoli inadatti, di idee stantie, di pensieri tipo “che mi frega, tanto è solo per poco tempo, chi verrà dopo di me, farà di meglio“.
Forse si, forse no, personalmente a conclusione di tutto mi ritorna in mente la citazione del re di Francia Luigi XV in conversazione con la sua amante Madame de Pompadour: “Dopo di me, il diluvio“.
Già…