Pubblicato il 22 dicembre 2015 in http://vecchiatoart.blogspot.it

I’m wide awake (Sono sveglia)
And now it’s clear to me (Ed ora è chiaro)
That everything you see (Che tutto ciò che vedi)
Ain’t always what it seems (Non sempre è ciò che sembra)
I’m wide awake (Sono sveglia)
Yeah, I was dreaming for so long (Sì, ho sognato per così tanto tempo)
(Katy Perry, ” Wide Awake“)

Manca una manciata di ore al 25 dicembre, giorno di Natale preceduto da frenesia collettiva e da contorno fatto di luci, colori, carillon che risuonano nell’aria, finto buonismo condito da nevrosi e voglia di trovare il regalo originale e a basso costo. Si, il regalo, perché il Natale più che Messa di Mezzanotte, pranzo con la famiglia, auguri via sms dati e ricevuti da numeri che non ci sono più in rubrica, è essenzialmente questo: il regalo, che sia piccolo o grande, brutto e inutile è come si sente dire “è il pensiero che conta“.
Tutto il mondo, o quasi, si ferma per quell’abbuffata di colori e odori che prenderanno il controllo delle menti e delle tavole, tutto si fa diverso sotto una luce artificiale che dovrebbe ricordare la luce della stella cometa sopra il presepe.
Tutto si fa più commerciale e commerciabile, inutile le prediche del dare e dall’avere nel bisogno di chi ha di più nei confronti di chi ha di meno… lo spirito del Natale prima o poi preparerà il suo conto: quello che si è fatto nel passato torna nel presente e getta le basi del prossimo futuro, Charles Dickens in “Canto di Natale” lo narra come storiella ma la realtà dei fatti è quella: sei quello che sogni, sei quello che cerchi e sei quello che realizzi.

Charles Dickens, Canto di Natale
Charles Dickens, Canto di Natale

Capita. Capita a tutti, innegabilmente, ci si ritrova poi di fronte ad un pensiero univoco dopo aver scalato parte del percorso della vita fatta: è questa la vita che sognavi?
Quella che come artista, scrittore, mamma, genitore, operaio qualunque sia la tua professione e in qualunque posto tu sia nato se sotto una mangiatoia o in una clinica ultramoderna, la domanda che torna è sempre la stessa: è questa la vita che sognavi?
Si, è vero, a volte è complicato dare la risposta perché si è pieni di se stessi: siamo ciò che ci siamo creati e ci siamo creati al meglio…

Babbo Natale cattivo
Babbo Natale cattivo

Viene voglia di prendere carta e penna e scrivere a Babbo Natale che “quest’anno sono stato buono…e vorrei…” vorrei forse la vita che sognavo.
Ma come? Credi ancora in Babbo Natale? Si! Ci credo, come credo alla Fatina dei denti, a Gesù morto e risorto, ad Allah che è grande, a Zeus e agli dei dell’Olimpo, agli alieni nell’Area 51.
Credo ora in questi attimi che mi separano dal 25 dicembre a Babbo Natale che arriverà con la sua slitta di renne e che lascerà i suoi doni, poco importa che sia l’immagine iconografica creata anni orsono dalla Coca Cola.

Babbo Natale Coca Cola
Babbo Natale Coca Cola

Perché ci credo? Perché finché ci sarà un convinzione e una speranza non potrà mai morire la creatività dell’uomo e la sua capacità di raccontare storie e viverle ogni giorno. È proprio la voglia di crederci e di non smettere mai che fa di un uomo un artista capace di creare, di disegnare anche quando la malattia glielo impedisce come fu per Auguste Renoir dalle dita deformate, per Claude Monet con la visione degli occhi falsata, per Paul Klee ridotto dolorante dalla sclerodermia o per Henri Matisse disteso a letto a dipingere.
Solo per ricordarne alcuni e a loro vorrei chiedere, se fosse poi possibile farlo: è questa la vita che sognavi? Chissà quali sarebbero le risposte…

Henri Matisse
Henri Matisse
Auguste Renoir
Auguste Renoir

Credere in Babbo Natale è credere che qualcuno si sia fermato un attimo nella sua giornata per pensarti, per rivolgere a te, anche quando meno ce lo si aspetta, un pensiero, perché quello che manca non è il voler bene ma il tempo, il tempo per farlo e allora il Natale serve anche a questo, a far pensare, senza retorica o buonismo, che qualcuno crede in te e “usa” la scusa delle festività natalizie per ricordacelo. Smettere di credere significa condannare la vita al silenzio della solitudine, alla vita che prosegue sterile tutti i giorni: è questa la vita che sognavi?
È questo il quadro che volevi fare? È questa la scultura che volevi creare? Nell’arte i “se” e i “ma” portano sempre a nuovi porti: se avessi usato il giallo al posto del rosso? Ma il marmo è meglio del bronzo?

Paul Klee, Prigioniero
Paul Klee, Prigioniero

Qualcuno aspetta le risposte, qualcuno attende fiducioso che arrivi Babbo Natale perché ci crede, perché sa che arriverà comunque un momento in cui qualcuno, se non consapevolmente se stessi, penserà che quello che si è atteso poi arriva. No? Non arriva e non è vero? E allora perché l’attesa e la speranza ogni anno che Babbo Natale arrivi? Finché ci sarà un bambino in attesa, un genitore ne esaudirà un desiderio, finché un adulto vivrà in mezzo alla gente, le stesse attese non saranno (sempre) disilluse.

La vita che sognavi
La vita che sognavi

Resta inconfondibile e certo che non sempre la vita che si ha è la vita che sognavi. C’è chi gode e chi soffre e chi gode nel soffrire, ad ognuno il suo. Il pensiero è rivolto un po’ a tutti coloro che colorano ogni giorno la quotidianità con domande e dubbi sempre: è questa la vita che sognavo?
Chissà cosa risponderesti tu, si, tu, ragazza che lavori in un call center a ripetere sterile le risposte di un ipotetico script impostato ripensando alla tua vita e all'”amor perduto”; e tu, commessa in un negozio di intimo che ripeti alle clienti le taglie e le misure; e tu, che passi ore al computer creando e servendo la creatività altrui o ne fotografi gli istanti restituendoli insieme all’anima delle cose; e tu, gallerista che combatti ogni giorno con la giustizia e la burocrazia oltre che con gli artisti e le loro opere; e tu, infermiere di notte dal cuore grande che assisti al passaggio dei malati terminali; e tu, che combatti da sola con i conti e tre figli da far quadrare tutti i mesi; e tu, che pensi al nord vivendo al sud e ti ritrovi “irrisolvibile” nei pensieri ma conscio del percorso che fai.
E tu, che coccoli il tuo cane ora ma accarezzando l’idea che un giorno arriverà un figlio; e tu, che guardi il tuo compagno e gli sei vicino nel percorso d’artista che fa perché lui è famiglia per te anche se lo stato non lo dice; e tu, che fai della musica la tua vita e la tua ragione di essere; e tu, che parli le lingue e in mezzo al caos babelico sei sempre presente e consapevole di ogni realtà o caso che arriva, perché caos è solo l’anagramma di “caso” e lo vivi; e tu, che sei piccola, caparbia e studiosa e nell’arte pubblica vedi il tuo futuro; e tu, che ami cosi tanto da cucinare ogni giorno un piatto per condirlo con la preziosità del sale, lo stesso che trovi nell’infinitamente grande (il mare) e nell’infinitamente piccolo (le lacrime); e tu, che hai la vita alle spalle e vivi di ricordi o l’hai appena cominciata e la soffochi di speranze; e tu, che scrivi e vivi di dubbi e di felicità sulla carta che si assottiglia tra la marea di parole dette e poi scordate; e tu, che esci di notte per paura della gente e di essere giudicato quando graffi i muri di rabbia e di colore lasciando ombre di vita.
E tu, che leggi, tu come tutti: è questa la vita che sognavi?
Qualunque sia, sognala, vivila, credici.
Buon Natale.

Kenny Random, è questa la vita che sognavi
Kenny Random, è questa la vita che sognavi