Il Monte di Pietà a destra, la maestosa severità del Duomo davanti con a fianco il Battistero decorato da Giusto de’ Menabuoi, il Palazzo Arcivescovile a sinistra e la piazza centrale che tutto abbraccia. Davanti, dirimpetto al Duomo, si apre il ghetto ebraico e camminando sui sampietrini si ripercorrono strade antiche, memorie e ricordi di un tempo passato che si accavallano al presente caotico fatto di traffico d’auto, biciclette e motorini, gente che parla al cellulare o che si isola con le cuffiette ascoltando musica.
I portici sono popolati da negozi e bar, da gente che attraversa le strade della città e arriva fino al cuore storico di Padova, fino alla sede del Museo Diocesano e allo spazio espositivo della mostra “Dissolvenze“, aperta il 26 ottobre fino al 30 novembre 2019.
Dalle finestre l’invito alla mostra è rivolto dagli stendardi appesi in bianco e nero con l’immagine dissolta nel movimento dei curatori della mostra Enrica Feltracco, Massimiliano Sabbion, Matteo Vanzan visti quasi come un link di collegamento per un’immersione totale nell’arte contemporanea tra pittura, scultura, fotografia, video art e installazioni ad opera di 47 artisti nazionali e internazionali.
Il luogo ospita i pensieri e i sensi sul tema della dissolvenza, sensazione che coinvolge anima e corpo e sviluppato dagli artisti con stupore e curiosità. I muri del palazzo trasudano storia, ricordi, passato glorioso che si trasforma in un prezioso scrigno per contenere più di cento opere d’arte che conducono verso un viaggio emozionale all’insegna della dissolvenza, della materia che si dipana e si trasforma nell’essenza pura delle cose, nel non finito, nella visione dissolta dell’immagine e nella rievocazione onirica e visiva della realtà che si trasforma.

DISSOLVENZE

Le porte delle sale museali si aprono sugli spazi a volta che accompagnano lo spettatore e il viaggio nella dissolvenza inizia: si parte dalla materia scultorea che si scardina e si fonde nelle sculture di Corrado Marchese, fiori dalla terra e ossa creano uno scettro inno all’amore; ectoplasmiche figure segnano le grandi foto di Nicola Vinci dalle quali emergono ambienti carichi di ricordi e dove un velo di antica memoria si sovrappone; Jacopo Mandich installa fili, reti di connessione, comunicazioni desunte dalla rete quantica che tutto collega e rende effimero uscendo dagli spazi convenzionali per arrivare a perdersi nell’etere; visioni surreali e oniriche accompagnano il lavoro d’artista nel trittico di Ciro Palumbo che inscena il suo studio tra pesci silenti e parole sussurrate tra presente e passato; Riccardo Cavallini collega frame di dipinti dai quali affiorano particolari di volti, composti con tecniche differenti a indicare come la traccia dell’uomo diventi la traccia di sé, un particolare che si dissolve dalla forma e si confonde; Pierluca Cetera sovrappone alla realtà la memoria come fosse un velo trasparente che confonde e nasconde la fisionomia delle persone ritratte tra la morte e la vita, con l’accenno degli occhi disegnati impronta di un passato che l’oggi dissolve.

DISSOLVENZE

Nel silenzio delle cose e dello spazio il cammino dello spettatore continua con i magnifici corpi di Davide Puma, fluttuanti nello spazio, dove la carne si liquefa e confonde con eleganza compositiva e materia cromatica che si unisce sulla tela impastandosi con tracce emozionali visive e tattili; l’anima velata emerge nell’accennato corpo che si scioglie nell’ambiente di Alessandro Saturno creando sovrapposizioni tra tempo, spazio e colore fino a restituire l’essenza più pura di ciò che è creato; l’uomo, la materia e la sua forza si sgretolano nella rappresentazione di Achille di Corrado Marchese che scolpisce un piede trafitto da un dardo a memoria della caducità della vita sottolineata da un fiore che appassisce alla base perché dissolvenza è anche la vita immortale che abbandona l’uomo.

DISSOLVENZE

Il viaggio all’interno della mostra si snoda tra ciò che è e ciò che appare, tra il reale e l’effimero, Piernatonio Tanzola realizza una serie di ritratti fotografici posti in primo piano ad altezza dello sguardo dello spettatore quasi a verificare visivamente quanto il ritratto dell’alienato in sovrapposizione non sia differente dallo specchio al centro sul quale il volto di chi osserva si riflette; Daniele Bozzano dissolve Adamo ed Eva in una spiaggia mutevole tra l’infrangersi delle onde e le luci che cambiano e accarezzano i corpi; Alberto Fiorenzato crea forme in un paesaggio senza tempo, dove l’essenza è data dalle luci e dalle ombre che si stagliano con la materia differente nel supporto, una pagina dove scrive una storia universale; Cristiano De Matteis raccoglie un momento unico con lo scatto fotografico rielaborato con sapienza attraverso la materia pittorica e cattura il movimento infantile di un gioco antico che si disgrega nell’aria.

DISSOLVENZE

Nelle tele di Silvia Scuderi appare la traccia di una natura capovolta tra cielo e terra, dove nell’acqua le forme si perdono e si ricompongono nelle sue pennellate; lo scatto fotografico di Barbara Pigazzi è un’indagine tra materia e spirito, al centro di un grande occhio vi è la donna con le sue fragilità e la sua forza, il tutto stampato su lastra di acciaio che riflette la luce di una materia graffiata; Marco Maria Zanin riproduce in bianco e nero un vecchio edifico della campagna veneta sommerso dalla natura e dissolto nella nebbia, è la memoria, il ricordo di un tempo passato che riemerge nella fotografia.
Il viaggio nella dissolvenza prosegue nella riproduzione cartacea ed effimera di una delle tele a olio del suo autore, Raffaele Minotto con un telaio sospeso, dove si rappresenta la riproduzione di una riproduzione: è la mimesi oltre il reale.

DISSOLVENZE

Greta Bisandola ricerca il volto e il corpo tra verità e misteri, tra zone di luce e d’ombra che svelano un percorso tra sogno e incubo, tra realtà e fantasia; nella scultura di Ettore Greco emerge l’emozione di un sentimento perduto, un amore finito che si scioglie al suo ricordo e, chiuso in una scatola, riposto nei meandri della memoria; Alessandro Rinaldi immerge l’uomo in un’indefinita visione tra cielo e acqua, sospeso senza aria e senza materia che si fa etera e impalpabile; forme, emozioni, riflessi e trasparenze sono alla base del lavoro di Luca Bidoli, dove i sensi si accentuano nella ricercatezza pittorica sulla tela.
Il volto umano si dissolve nei colori e nella modifica di uno scatto a favore di un intervento pittorico che scompone e riunisce l’immagine nelle opere di Marco Rea; ma la dissolvenza è prima di tutto visione, è il meccanismo della vista a cui lo spettatore è sottoposto nell’installazione di Marco Chiurato per una misurazione del grado di capacità di chi osserva nell’imparare a percepire ciò che vede da ciò che guarda.

DISSOLVENZE

Ioan Pilat rappresenta un sogno attraverso la fotografia, dove tutto si bagna di luce dorata e i giochi di trasparenza e riflesso si allontanano dal mondo reale a favore del mondo onirico; nella tela di Giuliano Macca si respira materia e colore attraverso la forma umana sottoposta a pennellate che ne rivelano l’anima, in un déjà vu tra storia e realtà; Chiara Coltro usa il colore fino alla sua disgregazione totale manifestando pura energia, aggettando la materia pittorica e plasmando forza emotiva e pensiero vitale; Tina Feingold con le cromie ricrea la natura circostante con soggetti legati a piccole vanitas, memorie di nature morte senza fine.
Il viaggio prosegue nell’installazione di Michele Sambin tra video e performance visiva, dove l’acqua, il suono, il gesto e l’azione diventano la base di un insieme di sette frame rielaborati dalla luce e dal gesto pittorico; Isobel Blank nel suo video inscena lo svelamento di un corpo che si nasconde e rinasce con leggerezza e trasporto sospesa nel tempo e nello spazio, quasi una nuvola visiva dove corpo e anima si fondono.
Marco Lombardo nello scatto in bianco e nero mette lo spettatore in osservazione con il mondo attraverso un velo che separa realtà e finzione, dove tutto si fa confuso e disciolto agli occhi di chi guarda.

DISSOLVENZE – giorno dell’inaugurazione

Nelle opere di Alessio Bolognesi la natura diventa il motivo principale sul quale indagare, scompare l’uomo, scompare l’animale, si fondono i due mondi e nascono nuovi e terrificanti scenari di un mondo che pian piano si dirada; nella fotografia digitale di Giordano Rizzardi rivive un mondo modificato e irreale, tra visioni future, innesti e modifiche animali e vegetali; nel suo video Gianluca Bonomo proietta suoni in dissolvenza e immagini di fantasmi senza tempo che passano da una realtà all’altra rallentando il loro ritmo, svanendo o accelerando la fusione tra i corpi e le anime; la grande ala di un Icaro caduto, opera di Leda Guerra, si staglia nel fondo come eroe caduto e fautore di sogni irraggiungibili, dove poesia, mito e lotta arrivano a toccare il cielo per poi sciogliersi e cadere; le forme pure ed essenziali di Manuela Bedeschi si confondo nella luce e nella visione offuscata dai veli che la circondano a riprova di come la forma possa modificarsi e dare una percezione differente alla realtà.

DISSOLVENZE – Giulia Granzotto, Enrica Feltracco, Massimiliano Sabbion

Nelle sue sculture Daniele Fortuna rievoca filosofi e miti del mondo classico sormontati da glitterati cappelli-ufo a indicare come filosofia e nuove visioni contemporanee siano essenziali per l’uomo e per trovare risposte nella sua vita; le tele di Nadia Fanelli si impreziosiscono di forme e colori che si ricompongono agli occhi per ricreare una forma sciolta e frantumata nella purezza data dal colore; plexiglass e rete metallica nella scultura di Giuseppe Inglese svelano la forma fisica dell’uomo da cui affiora l’anima solo attraverso la luce che si manifesta dal buio e dall’ombra.
La ricerca dell’uomo sta alla base del lavoro di Elisabetta Vazzoler in cui la presenza evanescente rivela il passaggio dell’essere umano, ma non la sua fisicità ed esistenza reale; Adelisa Selimbašić svela fantasmi del passato tra attenzione ai particolari, alla natura e alle texture in una composizione visiva tra fiabesco e reale; l’assenza di forme è la base dei lavori di Manlio Onorato con un colore che traspare fino alla purezza finale quasi un bianco su bianco di maleviciana memoria; incubi, dissoluzioni, pensieri e anime nascoste nelle tele di Marco Fabozzi tra rimandi storici e guizzi interiori che emergono dalle pennellate decise e fluenti; segni come graffi sulla pelle, inquietudini e dissoluzioni dell’anima sono il risultato nelle tele di Laura Fortin dove la materia scompare a favore di un segno grafico che rivela una scrittura visiva fatta di simboli e di presenze.

DISSOLVENZE – giorno dell’inaugurazione – Cleto Munari in visita

La purezza nell’infinito si trova nelle tele di Giorgio Dalla Costa, dove la fluidità della materia crea macrocosmi fra trasparenze e densità pittorica; il video di Simone Berno racconta la storia del Poetic Hotel, un non luogo fuori dal tempo e dove tutto presto si dissolverà tra sogni, opere, intenzioni e parole da cui emerge la storia di chi ha vissuto l’attimo della sua creazione; Pierangela Allegro inscena la scoperta del passato attraverso frame che rivivono nel presente attraverso la luce di una torcia per svelare segni, parole e immagini nell’ombra; la grande tela di Alberto Miotti rappresenta quanto più di effimero l’uomo riesca a creare: la propria ombra e mette lo spettatore di fronte alla concezione di una realtà visiva concreta naturalizzando le ombre ad altezza reale.

DISSOLVENZE

Ecco, si è concluso un viaggio tra 47 anime all’interno di uno spazio museale dove si è indagato il concetto di dissolvenza, in un mondo che continua invece incessante la ricerca e la presenza del reale, di ciò che è concreto e palpabile la dissolvenza cattura e incuriosisce proprio perché indefinita e non legata a formule e concetti, ma libera.
Uscendo dalle sale del museo si sente la voce squillante di Giulia Granzotto al telefono intenta nel suo lavoro di ufficio stampa, un concentrato di pura energia e si incrocia poi lo sguardo di Enrica Feltracco, seduta a fumare sul primo scalino dell’entrata, sorride, si sposta i capelli e controlla poi il cellulare, alza lo sguardo e dice: “Non ti chiedo se ti è piaciuta o meno la mostra, ti domando invece: cosa pensi della dissolvenza?“. È curiosa di capire perché la sua mente fervida viaggia e cerca di carpire le sensazioni, le emozioni, le visioni dello spettatore, è il lavoro del curatore che la porta a pensare, progettare e addentrarsi nell’anima delle cose.
La dissolvenza? È ricordo, è poesia, è sogno, è una nebbia che svela e accentua, ma è anche incubo e disgregazione della materia e del tempo, la dissolvenza non è una, sono tante come il titolo della mostra, appunto,”Dissolvenze“.

DISSOLVENZE – Enrica Feltracco e Massimiliano Sabbion

 

DISSOLVENZE – MaxiArt – magazine