Pubblicato il 3 febbraio 2017 in http://vecchiatoart.blogspot.it

All I ever wanted
All I ever needed
Is here in my arms
Words are very unnecessary
They can only do harm
Enjoy the silence
(Enjoy the silence – Depeche Mode)

Dal silenzio nasce il verbo giusto.
Il silenzio, elemento raro da trovare nel mondo contemporaneo, si è ormai circondati da rumori naturali, sempre più rari, fino al caos quotidiano in cui ci si immerge nelle città, rumori continui, auto, tram, cellulari che suonano, notifiche di varie app installate, visioni coincidenti sempre più con il caotico movimento quotidiano che circonda l’uomo, dai suoni naturali a quelli artificiali é il trionfo del non silenzio.
A questo punto si può dure che il silenzio non esiste più.
Una premonizione ci fu già col Futurismo che ipotizzò la bellezza del rumore di una macchina, i suoni della modernità che furono catturati per essere riprodotti da Luigi Russolo e il suo Intonarumori, concerti veri e propri fatti di cigolii, crepitii, strozzature e composti con tanto di spartito per suonare tali concerti.
La morte del silenzio, nonostante i non concerti di John Cage in cui il vero spettacolo era dato dai lunghi silenzi sul palco e dove la platea era la vera protagonista, con tanto di rumore, colpi di tosse, movimenti, silenzi sussurrati, voce di sottofondo perché in fondo il silenzio non esiste.
Il famoso club parigino di David Lynch, “Silencio“, cerca di riprodurre, in un’atmosfera ovattata, quello che ormai é andato perduto: il silenzio.
Qui, varcato l’ingresso, al 142 di rue Montmartre, si comincia a scendere quasi all’infinito in una sorta di discesa negli inferi: sei piani di scale sotterranee immerse nella penombra e, progressivamente, nel silenzio.
Il mondo sotterraneo si popola ora di leggerezza claustrofobica, un misto tra il sogno e l’incubo dove tutti parlano sottovoce e si riesce a sentire il proprio battito cardiaco.
Il silenzio fa paura, spaventa perché si è soli con la propria anima.
La vera sfida contemporanea sembra quindi riprodurre il silenzio, eliminando l’ensemble di caos e rumori.
La concentrazione è uno degli elementi più importanti per carpire la visione di un’opera d’arte, quasi con religiosità e rispetto ci si avvicina a luoghi deputati all’arte quali musei, gallerie e mostre in cui si tende a rimanere muti e a parlare sottovoce perché a dar voce ai suoni ci pensano invece le opere d’arte. Le immagini si bloccano e diventano ritagli all’interno di un mondo fatto ormai di velocità e suoni, l’arte invece resta fissata nel corso del tempo con le sue forme e i suoi colori, passa il suono, ma la visione resta.
Attraverso le nuove tecnologie, l’arte si è espressa anche per mezzo dei suoni, basti pensare ai video come forma di performance visiva tra suoni e rappresentazioni, ai concerti d’arte, alla riproduzione in luoghi chiusi come padiglioni o spazi espositivi di rumori e suoni esterni.
L’arte ha fornito prova di adattare le forme ai cambiamenti che avvengono, basta pensare alla street art che vive sui muri esterni e gioca con la città stessa e di cui, questi segni metropolitani, ne sono il risultato. Impensabile guardando un’opera street non sentire il rumore di fondo, le voci della città che si propagano e fanno quindi parte di un tutt’uno con l’opera, qui il silenzio decade a favore del contesto ed è per questo che oggi molte opere street staccate e portate nei musei perdono di valore emotivo e risultano poi fredde e prive di significato, qualcosa manca, manca il rumore a favore del silenzio.
Quindi non tutto ciò che si fa nel silenzio e con il silenzio non sempre porta al risultato sperato, a volte il rumore copre i pensieri, altre volte li esalta e il giusto pensiero arriva tra i suoni e le impressioni.