Pubblicato il 10.05.2016 in http://vecchiatoart.blogspot.it

Che cos’è il piacere? Se lo si dovesse definire in maniera asettica e sterile la definizione proposta è la seguente: “Il piacere è un sentimento o una esperienza che corrisponde alla percezione di una condizione positiva, fisica ovvero biologica oppure psicologica, proveniente dall’organismo.
È un concetto presente universalmente nella filosofia, nella psicologia e nella psichiatria.
Nel corso della storia i filosofi ne hanno formulato definizioni e concezioni molto diverse.
È considerato l’esperienza di contenuto opposto al dolore. Sembra che però, rispetto al dolore, il piacere sia stato oggetto di studi scientifici in misura minore.”
Dunque il piacere è un sentimento, poco studiato rispetto al dolore, per quale ragione? Forse perché la sofferenza si protrae e strascica nell’animo umano mentre il piacere arriva, si insinua, scoppia come un fuoco d’artificio e se ne va, lasciando traccia labile di sé come lo spettacolo pirotecnico che ha illuminato il cielo per pochi secondi.
Il piacere scatena istinti ed espressioni diverse su cosa sia per ogni persona la fonte che lo fa scattare, possono essere sentimenti effimeri e passeggeri oppure così grandi da coinvolgere l’intera esistenza, fino ad entrare nel cervello e nell’anima.
Ciò che stupisce nell’affermazione sopra riportata è che il dolore si studia, il piacere no, sarà forse perché si cerca di capire ed esorcizzare quello che fa male? Cosa rende impotenti e rabbiosi nel cercare risposte se non quello che ci investe in maniera negativa? Infatti quando si affrontano periodi bui e avversi non si pensa che a risolverli e a trovare la luce, quando invece si vive nella pace e nella serenità tutto scorre e il tempo scivola via, veloce, senza pensare troppo ma solo lasciandolo defluire veloce ed inesorabile.

Claude Monet
Claude Monet

Si, il piacere si apprende poco perché lo si vive, il dolore invece ha bisogno di motivazioni e di risposte sul perché avviene e capita, si incunea e forse per dare una ragione esistenziale a quello che succede nella quotidianità si cerca di studiarlo perché non accada più o semplicemente perché bisogna saperlo combattere. La sofferenza e il dispiacere disturbano, sono provocatori e infastidiscono, quando si inscenano e si mettono davanti a tutti come segnale, come richiesta d’aiuto e di attenzione gli sguardi si abbassano o si voltano da altre parti: a nessuno piace vedere l’angoscia che viene provocata.

Franko B
Franko B

Nell’arte con frequenza gli artisti costringono lo spettatore a fermarsi e a guardare anche quando quello che si mette davanti non piace per niente: animali sotto formalina (Damien Hirst), Santi Padri investiti da meteoriti (Maurizio Cattelan), infanzie traviate e subdolamente perverse (Balthus), parchi giochi tristemente lugubri e anti divertimento (Banksy), introspezioni psicologiche nelle figure (Lucian Freud), sangue e violazione del proprio essere (Franko B), una costante ricerca di purificazione e libertà dalla sofferenza affannosa e angosciante, ecco cosa si ricerca.
Le formulazioni invece di sentimenti legati al piacere sono diverse, passano attraverso i sensi con l’olfatto, con il tatto e il gusto e soprattutto con la visione: vedere è possedere, è amare e circondarsi di ciò che scatena in noi le espressioni che più ci aggradano e coinvolgono.

Francesco Hayez
Francesco Hayez

Nei quadri impressionisti si fermano luce e colore ma anche le sensazioni legate all’aria aperta dove sole e natura sono macchie e gradazioni colte in un attimo, in cui, a pieni polmoni si respira il profumo dei papaveri di, ad esempio, Claude Monet immersi nei covoni di grano che sanno di erba seccata e appena tagliata e dove anche il sole che scalda si blocca a completare l’opera.
Nell’abbraccio e nel bacio di Francesco Hayez si coglie la sensualità e la voglia di corpi che si devono lasciare prima di ritoccarsi e riscoprire, esplorarsi e odorarsi tra un misto di eccitazione e paura.
Come non restare affascinati dalla freschezza delle tavole delle vanitas fiamminghe? Sapori, gusti e olfatto traspaiono negli olii cristallini e perfettamente bilanciati tra luci e ombre, metafora di vita che, a sua volta, è fatta di zone scure e zone chiare, zone di dolore e zone di piacere.

Vanitas
Vanitas

E allora, cos’è il piacere? È la somma di tutto ciò che un corpo, un’anima e un cervello abbisogna, è forse la richiesta di vita, quella che si sente dopo una corsa fuori controllo fatta lungo un argine di un fiume e la bocca respira aria da raggelare i polmoni e far pulsare le tempie mentre il sudore scorre lungo la schiena.
Vita è succhiare una granita tutta d’un fiato fino a sentire gli occhi schizzare dalle orbite, è urlare controvento in riva al mare, è arrivare sopra una montagna e guardare il cielo in alto e la terra dal basso.
Vita è stringere una mano piccolina di un neonato che ha il futuro ancora da capire o, al contrario, perdersi nelle vene e nelle pieghe di una mano anziana che ha trascorso i suoi anni tra le fatiche e le esperienze.
Il piacere è vita, la vita è piacere così come lo è ascoltare una musica in lontananza o perdersi negli occhi di chi si ama o lasciarsi intrappolare tra le opere di chi ha espresso con i materiali quello che si prova, per chi legge ora è un testo o un’immagine ben distinta tra le moltitudini vissute, tra le opere d’arte, tra l’arte.
Il primo sguardo dalla finestra al mattino, il vecchio libro ritrovato, volti entusiasti, neve, il mutare delle stagioni, il giornale, la dialettica, fare la doccia, nuotare, musica antica, capire, musica moderna, scrivere, viaggiare, cantare, essere gentili“.
(Bertolt Brecht)