Pubblicato il 06 giugno in http://vecchiatoart.blogspot.it

Le vedi queste persone? Questa fauna? Questa è la mia vita. E non è niente.”
(Jep Gambardella, La Grande Bellezza)

Per spiegare le cose spesso si usano le metafore, quando si cerca di far capire qualcosa per arrivare al cuore di ogni singola persona si usano racconti, allegorie, immagini, lo stesso Gesù Cristo usava rivolgersi alla folla che lo ascoltava per mezzo di parabole.
Una proiezione delle cose raccontante o suggerite aiutano di gran lunga l’uomo a vedere l’operato sotto un altro punto di vista, l’arte stessa si può definire sempre una metafora dei tempi e dei pensieri che intercorrono.
L’arte è quindi una finzione lunga secoli? Una bugia raccontata in maniera univoca per mezzo delle immagini?
Chi è quindi l’artista? Com’è stata vista e vissuta la sua figura nel corso del tempo?
Nell’antichità il concetto di “artista” era colui considerato un bravo artigiano al quale commissionare l’opera e spesso non libero di esprimere le sue pulsioni in quanto alle dipendenze di un potente, di un committente che gli incaricava l’opera da realizzare.
La figura dell’artista cambiò con i tempi successivi, dal Rinascimento all’Ottocento l’artista è riconosciuto, citato e apprezzato e la società lo investe di carattere intellettuale e di gusto per la menzione dovuta alla capacità di proiettare con le sue opere il futuro prossimo senza mai scordare il passato.
La rivoluzione a carattere visivo dell’arte arriva subito dopo verso la fine dell’Ottocento con la scoperta di un mondo che prima si edulcorava tra luci e forme, ora si capisce cosa osservare e con il mondo dell’Impressionismo si passa ad una modalità visiva completamente nuova, si impara a guardare e non più solo a vedere.
Si blocca il momento, si passa ad esprimere, si arriva a rifiutare l’accettazione collettiva e al riconoscimento immediato da parte della società che si dota di spirito critico, di accettazione e negazione di ciò che si vede o si percepisce.
E l’artista oggi? Chi è? Oggi si passa molto spesso all’auto definizione di sé con la certezza che tutto ciò che si circoscrive con il termine di “arte” sia poi automaticamente legato alla figura di chi lo produce, quindi ogni essere pensante senza “arte né parte” arriva all’auto esplicitazione di artista.
Si arriva a trasformare il “niente” con il “sublime” poiché il convincimento del pubblico è il primo passo che arriva dalla società critica che spinge un qualunquista verso gli stadi dell’arte e allora poco serve l’abilità tecnica, lo studio, la storia personale e del passato per completare l’opera d’arte perché l’artista nasce dal nulla, ma dal nulla può ritornare.
Un’idea geniale non è arte, è solo un’idea geniale.
Credere a ciò che si vede non è necessariamente credere nell’arte, il potere di un messaggio, di un sentimento, di un’emozione, di un concetto è un’arma che dura oltre il tempo umano, ma si proietta oltre, rimanendo storicizzata negli uomini.
Non si deve e può liquidare tutto con un semplice “Che ci vuole a farlo? Ne sarei capace pure io!” oppure con un “Ecco, idea creata e fatta. Punto“.
La questione non si risolve osannando o deprecando un singolo personaggio o un modello utopico, la genialità può esaurirsi in poco tempo in un mondo bombardato di immagini e pensieri, mai chiedere (o chiedersi) allora cosa sia l’arte, né demandare all’artista il proprio sentire e finire per pretendere una risposta al quesito: “Mi parli della SUA arte“.
Un artista agisce, spiega e parla con le sue opere ciò che si deve e vuole esprimere e le parole lo accompagnano, ma non nascondo quello che c’è da capire e da vedere, così come quando non c’è nulla di più che un semplice fallimento o inutile realtà che scade nel ridicolo perché quando non c’è nulla da dire, nulla da dire è la migliore risposta da dare.
La sintesi si ritrova nel dialogo tra l’artista e Jep, protagonisti in una scena del film “La Grande Bellezza” di Paolo Sorrentino (2013) di cui si riporta il cuore della conversazione intercorsa.

Talia: Piaciuta la performance?
Jep: A tratti. Quella testata violenta mi ha fatto capire molte cose. Allora, cominciamo dall’inizio.
Talia: Partiamo dalla fine. Sa, Talia Concept è una gran provocatrice
Jep: Ma non sprechi energie. Ci sono cose molto più importanti che provocare me. E poi questa abitudine di parlare di sé in terza persona, sta diventando insostenibile. Dunque, cosa legge lei?
Talia: Non ho bisogno di leggere, vivo di vibrazioni, spesso di natura extrasensoriale.
Jep: Abbandonando, per un istante, l’extrasensoriale, che cosa intende lei per vibrazioni?
Talia: Come si fa a spiegare con la volgarità della parola, la poesia della vibrazione?
Jep: E non lo so, ci provi.
Talia: Io sono un’artista, non ho bisogno di spiegare un cazzo!
Jep: Bene, allora scrivo “vive di vibrazioni ma non sa che cosa sono”.
Talia: Comincia a non piacermi quest’intervista. Percepisco da parte sua una conflittualità.
Jep: La conflittualità come vibrazione?
Talia: La conflittualità come rottura di coglioni. Parliamo dei maltrattamenti che ho subito dal fidanzato di mia madre.
Jep: Noo, io voglio sapere che cos’è una vibrazione
Talia: Il mio radar per intercettare il mondo
Jep: Eeeh ‘u radar… vale a dire?
Talia: Lei è un rompicoglioni. Senta, siamo partiti male. Talia Concept ci tiene all’intervista con il suo giornale, ha tanti lettori. Ma lei è prevenuto. Perché non la fa parlare del suo fidanzato con il quale fa l’amore 11 volte al giorno e che è un artista concettuale mica da poco: rielabora palloni da basket con i coriandoli. Un’idea sensazionale!
Jep: Senta, Talia Concept parla di cose di cui ignora il significato. Io di lei, finora, ho solo fuffa impubblicabile. Se lei crede che mi lasci abbindolare da cose tipo “sono un artista non ho bisogno di spiegare, è fuori strada”. Il nostro giornale ha uno zoccolo duro di pubblico colto che non vuole essere preso in giro. Io lavoro per lo zoccolo.
Talia: Ma allora perché non mi lascia parlare del mio accidentato, sofferto ma indispensabile percorso da artista?
Jep: Ma indispensabile a chi? Santo Cielo, signora, che cos’è una vibrazione?
Talia: Non lo so che cos’è una vibrazione, Jep Gambardella
Jep: Non lo sa
Talia: Non lo so
Jep: Non lo sa
Talia: Sei un ossessivo del cazzo, sei. Parlerò con la tua direttrice le dirò di mandarmi un altro giornalista di una statura più elevata della tua!
Jep: Una preghiera: quando parlerà con la direttrice, abbia molto tatto con il concetto di statura. Sa, la direttrice è una nana.