Pubblicato il 26 agosto 2015 in http://vecchiatoart.blogspot.it

PARTE IV
“La bellezza delle cose esiste nella mente di chi le osserva”
(David Hume)

Manca ancora una cosa per concludere il rito della mostra: il bookshop, una bolgia di merchandising fatto di “ricordini” vari e kitsch che “bisogna-assolutamente-possedere”: dal portachiavi alle matite e penne, dalla gomma da cancellare, quaderni, blocchi, al moderno tappetino per il mouse, dagli intramontabili foulard, portfolio e cartoline commemorative che riproducono le opere, alle inutili e nel contempo indispensabili calamite da frigo, le carte da gioco, i sottobicchieri che non saranno mai usati, borse, ombrelli e ventagli che riproducono quadri e sculture, fino alle moderne cover per smartphone, e loro, le tazze, si, le immancabili tazze… ci sta insomma tutto quello che (non) serve per ogni tasca e per ogni uso.
Non mancano libri, libretti, guide, volumi per i bambini, per gli adulti, per raccontare la storia parallela, biografie, romanzi, tutto quello che può ruotare e non c’entra con quello che si è visto state sicuri qui, c’è!
Non scarseggia il catalogo in esposizione in ogni angolo, a pile e pacchi, sia nella forma deluxe con copertina rigida sia nella forma cartonata o nell’edizione riassuntiva di poche pagine. Se la mostra è fatta bene e gli scritti interessanti si opta per il catalogo deluxe (o cartonato a seconda del budget). Il grosso e ricco volume sarà presto dimenticato a casa in qualche scaffale o messo in bella mostra in salotto, ma vi assicuro che il “peso” della cultura per il resto della giornata si farà sentire quando il suddetto catalogo sarà sballottato a destra e a manca o passato al compagno d’avventure che, mosso a pietà, si offrirà di portare codesto peso diviso con voi, con la ferma tentazione di lasciarlo in qualche luogo della città (il fantomatico libro, non il vostro accompagnatore) e con la ripromessa che “alla prossima mostra mai più cataloghi!”.

La visita alla mostra. Avventura di un quotidiano giorno d'arte
La visita alla mostra. Avventura di un quotidiano giorno d’arte

All’uscita la coda al guardaroba per recuperare borse e cappotti si fa scorrevole e la tentazione di dire alla ragazza che smista medagliette numerate per il riconoscimento dei tuoi suppellettili che “la mostra è stata bella ma alcune cose…” ma non puoi, è intenta nel suo lavoro, esci fortunato e soddisfatto guardando la folla che ancora si accalca e deve entrare, rivedi le guardie di sicurezza, le persone addette alla biglietteria, qualcuno ti saluta e la mostra si lascia alle spalle.
Beh tutto qua? Si, tutto qua. Un evento, un momento, un flash di cultura ha illuminato la giornata e ci si ritrova a pensare che in Italia dovrebbe essere la norma, non l’eccezione quello che si è appena vissuto.
Un’organizzazione fatta di idee e di realtà concrete che sia in grado di offrire posti di lavoro, far sì che giovani occupino il proprio prezioso e retribuito tempo nel sapere nella disponibilità di qualche mostra, e allora capisci il perché di tanta rigidità professionale: dietro si nasconde la speranza di avere il contratto rinnovato per la prossima mostra, si fa quello che dicono di fare “NO CELLULARI, NO FOTO”, un altro “sssssssssssh”, si applicano gli sconti come ci è stato detto da programma, e quindi anche una dolce signora imbranata con l’audioguida potrebbe essere una squilibrata che rovina le opere e per colpa sua si potrebbe perdere il posto e poi? La mostra? Chi ha tempo di vederla? Ora? Magari poi…

La visita alla mostra. Avventura di un quotidiano giorno d'arte
La visita alla mostra. Avventura di un quotidiano giorno d’arte

Magari poi, usciti dallo spazio espositivo, da lì, sarebbe bello trovare un bar o un ristorante aperto, una galleria che ruota attorno all’evento e che espone giovani artisti proponendo il nuovo che avanza, oppure collaterali che si muovono a satellite, edifici e storia locale da riscoprire, spazi aperti per gli anziani, per i giovani, ludoteche, biblioteche, magari qualche spettacolo teatrale, un concerto di musica classica o di musica rock o pop, ma ehi…ferma tutto!!! Ma queste cose accadono? Succedono davvero? Si, succedono, capitano in un posto che si chiama “resto del mondo”, mi piacerebbe succedesse più spesso anche in una (pen)isola che (non) c’è: l’Italia.
Si ritorna a casa, treno in ritardo e zeppo di umanità, il bambino che frigna è un must, mancava a terminare questa giornata, è lasciato lì a lamentarsi in mezzo alla gente che parla al cellulare e a ragazzine che si scattano selfie impostando la bocca a cuore e che ridacchiano giulive.
Viene voglia a me adesso di urlare “sssssssssssh”, “NO CELLULARI, NO FOTO”: umana umanità quotidiana, anzi contemporanea situazione vitale ammassata in un’unica carrozza.
Sceso dal lungo viaggio, mi dirigo stancamente verso la macchina e a conclusione di questa giornata l’amara sorpresa: una strisciata sulla fiancata destra della mia macchina di qualche “maldestro” stupido incapace autista. Ti pareva! Non bastava tutto ciò per “segnare” questa prospettiva di celebrazione e ricordo, eccolo qua invece, un souvenir per non dimenticare questo impegnativo giorno, il pesante catalogo finisce sul sedile posteriore e si riparte verso casa, che la fortuna sia con me.

La visita alla mostra. Avventura di un quotidiano giorno d'arte
La visita alla mostra. Avventura di un quotidiano giorno d’arte

Ripensandoci, ho spesso ripetuto il vocabolo FORTUNA nel corso di queste parole, “la fortuna aiuta gli audaci”, per fare quello che si vuole e quello che si desidera ci vuole incoscienza e tanto coraggio, tanta forza e anche molta fortuna.
Per “fare” arte come artista, gallerista, curatore, scrittore ci vuole FORTUNA, ma altrettanta ce ne vuole per chi fa il turista e si mette in gioco tra mezzi che non ci sono, organizzazioni che latitano, sovvenzioni che mancano, spinte di interesse politico ed economico che minano siti e cuori.
“Fare” arte è un’avventura in una “selva selvaggia”…
Si, ci vuole FORTUNA per realizzare e vivere l’Arte, ma anche una gran bella dose di culo: o te lo fai e studi, ti impegni, combatti e continui a credere, o te lo fanno tra burocrazia, leggi, regole e statuti.
Ma si sa, arrendersi e fermarsi significa perdere e allora si che i silenziatori servono con il loro bel NO CELLULARI, NO FOTO per non fermare e ricordare quegli istanti da saltare a piè pari e ben venga un altro bel “sssssssssssh” per scuotere i torpori sopiti, l’importante è non aggiungere mai al termine di ogni racconto e di ogni avventura la parola: FINE.