Pubblicato l’11 aprile 2017 in http://vecchiatoart.blogspot.it

Capita anche a voi di mandare un messaggio su whatsapp e di attendere la risposta della persona che, online, lo legge (quindi doppia spunta blu) e poi si resta in attesa che il nostro interlocutore dia seguito alla conversazione?
Ad esempio, scrivo un sms per chiedere il parere ad un determinato pensiero se condiviso o meno: “Ciao, dopo aver letto quello che ho scritto, che ne pensi?
L’attesa che segue, le parole che si aspettano e quelle che si devono dire, lo scritto che si aspetta e sullo schermo compare l’operazione di scrittura del ricevente “Sta scrivendo…”
Ok, presto arriverà il seguito, intanto sappiamo che “Sta scrivendo…”, già, continua mentre noi si inganna il tempo guardando un’altra app, altre immagini o altri nostri contatti online in quel momento.
Sta scrivendo…” e si attende.
Che cosa mai avrà da dire che la risposta si sta facendo attendere? Chissà quale messaggio farà seguito a ciò che si è chiesto…
Sta scrivendo…” e si attende.
Una generazione social quella che si vede negli ultimi anni, ragazzi e ragazze che si conoscono, comunicano, si amano, si odiano, si lasciano, tutto via sms, aggiungendo emoticon per dare enfasi a ciò che le parole supportano, una valanga di smile, simboli e figure che si intrecciano con la terminologia classica prendono il potere nella conversazione silente che si instaura tra mittente e ricevente.
Sta scrivendo…” e si attende.
Quante volte capita di sentire parlare, parlare, parlare e alla fine ciò che è stato detto non è davvero così importante o preso in considerazione? È davvero necessario riempire le orecchie di suoni con la parola? Serve obbligatoriamente buttare gli occhi in mezzo alle lettere per pagine intere?
Perché è quello che molte persone fanno: ascoltano se stesse più che ascoltare gli altri o concentrarsi sull’argomento richiesto, spesso il troppo parlare o il troppo scrivere non porta a null’altro che disperdere energie e attenzione.
Sta scrivendo…” e si attende.
Capita molto spesso anche nell’arte contemporanea: boriosi artisti che descrivono il loro lavoro nei minimi particolari fregandosene delle opinioni degli altri perché ciò che conta è solo la loro; spocchiosi e saccenti critici e curatori che dopo il pronome personale “Io” non riconoscono nessun altro al di fuori di sé arrivando a parlare di tutto tranne che dell’artista, dell’arte e delle opere.
“I voli pindarici”, così gentilmente chiamati quando si identifica invece la “fuffa” del non dir null’altro che il niente assoluto, sono la base delle inconsistenti e inconcludenti chiacchierate fatte che non portano poi in nessun luogo.
Sta scrivendo…” e si attende.
Ciò che snerva è solo l’attesa, quella aspettativa che poi si riduce ad un bluff una volta compiuto, beh? Tanto attendere e poi? Scatta allora la delusione e la rabbia un po’ monta su per il tempo dedicato e di conseguenza poi perso.
Un po’ come succede alla tanto agognata risposta del nostro messaggio di whatsapp, arriva con mille ansie e speranze, desideri che si accavallano per poi sfociare nel… bip bip! Eccolo! È arrivato.
Messaggio arrivato! Visualizza: “Si, ok. Sono d’accordo”.
Beh??? Tutto qui? Tanto aspettare per avere una rapida e secca risposta? E tutto quel tempo perso in cui si è potuto vedere scorrere lo “Sta scrivendo…” del caso? Ci voleva così tanto?
Sinceramente si, ognuno si prende il tempo che gli serve, siamo noi che ci creiamo le aspettative e vogliamo sentirci dire ciò che ci fa piacere e nella quantità desiderata.
Anche in arte capita così: chi geniale ci mette un attimo e chi si prende gli anni che gli servono, pure il sottoscritto ora, passa il tempo e continua a lasciare pagine compiute di testo che descrivono con le parole ciò che pensa, in fin dei conti pure lui “Sta scrivendo…”