Pubblicato il 26 aprile 2016 in http://vecchiatoart.blogspot.it

Un tema sul quale si ritorna sempre è l’importanza dei social network che influenzano il mondo dell’immaginario artistico contemporaneo. Quando una foto è postata in uno dei tanti social atti alla diffusione di emozioni, pensieri, realtà che ormai abbattono il concetto di privacy in quanto tutto è messo in un circuito globale che distrugge confini e situazioni con il rischio a volte di scadere nel ridicolo o nella visione oltre il buongusto: gente che si fotografa nei bagni o che indicano al mondo quali pietanze preferiscono e ingurgitano, quando mai il cibo è stato cosi fotografato e messo in un tam tam mediatico senza confini o quando il cesso è artisticamente appetibile?
Cosi per forme e colori che invadono in pochi secondi social e rete, cosi l’arte sembra ora senza confini, un movimento che è nato solo in un determinato paese, situazione sociale e storica passa poi ora a far parte di un mondo nuovo che condivide quasi ovunque gli stessi disagi e gli stessi messaggi: ad esempio, in tutti i paesi si mangia e si va al bagno per rievocare la frase precedente.
Street artist che lasciano il segno sui muri della città sono presenti un po’ ovunque in tutti i posti del mondo e se non fanno parte della storia locale arrivano a invadere, su commissione o su iniziativa personale, i muri di altre città come è stato in passato il caso dell’inglese Banksy e dell’italiano Blu che hanno diffuso il loro messaggio simbolico anche ad altri paesi.
Perché i disagi, le cose da dire, le parole, sono segni che rimangono, sono cariche emotive che esplodono e nessuno le ferma e le può fermare, la rabbia come i sogni non conosce ostacoli. Zittire l’uomo non sarà mai possibile, si tolgono le matite? Si usano quindi gli spray, i pennelli, i colori e se i supporti cambiano i risultati non si fanno attendere. Sempre i temi si ripetono e ritornano: amore, odio, protesta, segni del tempo, sogni del tempo, quello che resta è una testimonianza visiva perenne. Come non essere capaci di emozionarsi di fronte alla bellezza delle forme plasmate dagli artisti del passato cosi attuali e cosi moderni sia nei significati sia nelle espressioni?
Prendiamo il tema usato e abusato dell’amore, amare non ha confini, non ha sesso e non ha tempo: struggenti dichiarazioni d’amore nelle opere di Filippo Lippi con la bellezza fermata sulla tela della sua amata, cosi per Raffaello con il ritratto della Fornarina, gli amanti di Michelangelo ritornano nelle sue figure nervose e come non citare poi le burrose modelle di Auguste Renoir che sembrano create inzuppando nelle loro carni luce e colori, e ancora, Gala la moglie e musa ispiratrice di Salvador Dalì, Jeanne-Claude e Christo, Gilbert & George, Marina Abramovic e Ulay, di questi ultimi citiamo la performance del 2010 “The Artist is Present“, dove la Abramovic rimane seduta 716 ore su una sedia nel MoMa di New York.
Tra le persone che si sono sedute di fronte all’artista, è arrivato a sorpresa anche il suo compagno storico, Ulay, che ha lavorato insieme a Marina dal 1976 al 1989, separandosi da lei con una performance impegnativa: novanta giorni di camminata per dirsi addio sotto la grande muraglia cinese.

Marina Abramovic e Ulay
Marina Abramovic e Ulay

Ecco allora i due protagonisti seduti uno di fronte all’altro e toccarsi le mani commossi, si, perché ritrovarsi dopo anni porta a ripensare alle cose del passato, all’amore che è stato e che si rivede a distanza di tempo negli occhi di chi si è amato. Come non ritrovare e ripensare alle stesse emozioni di un lontano tempo cosi vive anche nel contemporaneo? Dicono che i social network hanno abbattuto barriere, lontananze e muri ma in realtà ne hanno creati altri di incomprensioni e messaggi non sempre chiari, tutti esprimono e hanno diritto di esprimersi anche se molte volte si è oberati di pensieri altrui e quello che manca nel mondo di oggi non è tanto la fiumana di parole e immagini ma il silenzio, la quiete e il momento per riflettere, per stare da soli, perché qualsiasi emozione ora viene espressa e data in pasto al mondo mediatico globalizzato.
Perché questa esigenza di dire sempre a tutti le cose che si pensano, che si vedono e che ci emozionano o meno? Forse per la paura di non essere riconosciuti o semplicemente per paura di non “lasciare il segno” in mezzo a tanti che devono dare la loro presenza?
E torna alla mente una citazione tratta dal film “Ecce bombo“di Nanni Moretti:
No veramente non mi va, ho anche un mezzo appuntamento al bar con gli altri. Senti, ma che tipo di festa è, non è che alle dieci state tutti a ballare in girotondo, io sto buttato in un angolo, no… ah no: se si balla non vengo. No, no… allora non vengo. Che dici vengo? Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente? Vengo. Vengo e mi metto così, vicino a una finestra di profilo in controluce, voi mi fate: “Michele vieni in là con noi dai…” e io: “andate, andate, vi raggiungo dopo…”. Vengo! Ci vediamo là. No, non mi va, non vengo, no. Ciao, arrivederci Nicola“.
Già, notare o dimenticare e farsi dimenticare?
L’anonimato come Banksy, i collettivi artistici come Gruppo N o Gruppo T si alternano ai nomi altisonanti di arsiti che qualunque cosa fanno la fanno senza paura di far discutere e parlare più di sé che delle loro realizzazioni come succede con Damien Hirst, Jeff Koons o Maurizio Cattelan con l’ultima trovata del cesso d’oro esposto al Guggenheim di New York: ennesima provocazione o arte?
Un water ricoperto di oro 18 carati che verrà installato nel museo newyorkese e che i visitatori potranno utilizzare. L’opera potrebbe chiamarsi America, ispirata al romanzo “Amerika” di Kafka, e dovrebbe essere inaugurata il 10 maggio. Per il New York Times, che ha anticipato la notizia del ritorno di Cattelan, il water d’oro secondo le intenzioni dell’artista fa parte di in un percorso che è cominciato con “Fountain” di Marcel Duchamp fino alla “Merda di artista” di Piero Manzoni. “Si può visitare la stanza solo per crogiolarsi nel suo bagliore – spiega Cattelan nell’intervista al New York Times – ma diventa un’opera d’arte solo quando la natura chiama e qualcuno ci si piazza sopra o davanti“.
In fine dei conti Cattelan ha ragione, l’opera è importante ancora prima che ne venga resa pubblico lo svelamento grazie all’aspettativa creatasi anche attraverso i social. Sul water poi si allacciano i rapporti social e si ricrea quell’intimità dove ci si dimentica della funzione corporale a favore di una rete di tessuti con tablet e smartphone a farci compagnia e dove la maggior parte del mondo si scatta selfie allo specchio con dietro i water a farla da protagonisti. Chissà quanti selfie dorati invaderanno la rete dal 10 maggio in poi…