Il silenzio è fatto di tanti piccoli rumori, il silenzio della creazione è circondato dal ronzio di sottofondo del pc e dai battiti delle dita sulla tastiera, da una musica che proviene da qualche autoradio di un’auto che passa, dal vociare dei bambini che giocano a calcio lungo la strada del quartiere, dai propri pensieri che frullano in testa.
Il silenzio quindi è la base delle idee che nascono in mezzo ai rumori del quotidiano, anche quando si cerca l’isolamento da una voce e in un momento quella voce ritorna nella testa più viva e reale che mai, basta un ricordo a farla riaffiorare, un profumo, un’immagine.
Se ci si sofferma un po’, si ripensa a ritroso a quanti silenzi hanno circondato la nostra vita, a quanti déjà vu vissuti e a quali sensazioni legate si sono formate nel cuore e nella testa, ci rimane il ricordo di ciò che si è visto e vissuto.
Mi torna in mente la mia prima gita scolastica alle elementari, la visita a Padova alla Cappella degli Scrovegni di Giotto, qui rimasi affascinato dai colori e dalla sensazione di essere così piccolo davanti a tanta bellezza che ancora non capivo del tutto bene poiché per me “Giotto” finora era associato alla marca della scatola delle mie matite colorate dove era raffigurato un pastorello che disegnava una pecora su sasso mentre in piedi un signore lo osservava interessato.
Ricordo ancora la paura provata di fronte alla raffigurazione dell’Inferno del Giudizio Universale con il diavolo a tre bocche che si mangiava le anime, quella rappresentazione mi rimase impressa sulla pelle con un brivido lungo lungo.
L’immagine di Giotto è sempre rimasta in me presente associata alla sensazione del colore rosso, un rosso come la spremuta d’arancia che mi era stata preparata dalla mamma la mattina da portare nello zainetto per la merenda in gita insieme al panino col prosciutto cotto.
Per me Giotto ha quindi il sapore e il colore delle arance Tarocco in un freddo mattino di marzo di tanti anni fa.
Il silenzio reverenziale della visione degli affreschi di Giotto visto con gli occhi di un bambino era poi accompagnato da altro: spesso interrotto dalle voci dei compagni, dagli altri turisti che parlavano altre lingue, dalla maestra che sussurrava la spiegazione di ciò che si stava vedendo.
Il ricordo con gli anni si è fatto dolce e ovattato, un po’ di tenerezza lo ha preservato negli anni e piano piano si è fatto silenzio da custodire e tirar fuori quando lo ripenso.
La mia personale esperienza è forse simile a mille altre esperienze di persone di fronte alle opere d’arte, davanti al silenzio che si interpone tra ciò che si vede e ciò che si sente, potremo definire tra ciò che è impressione e ciò che è sensazione ed espressione.
Se ogni lettore ora ha scorso tra le righe e rivissuto un mio ricordo, di sicuro ha poi ripensato, nel suo intimo silenzio, ad una sensazione forse simile alla mia, magari legata ad una persona, ad una città, ad un selfie fatto per suggellare quel preciso istante.
Magari il pensiero è andato ad una sola opera d’arte da cui si insinuano le più recondite percezioni e stupori vissuti e allora si arriva ad usare il prezioso bene del tempo che costringe a fermare l’uomo e a pensare, a ritrovare il suo silenzio e soprattutto ad ascoltare, ad ascoltarsi.
Può un’opera d’arte far uscire determinate sensazioni? Credo di si, staccando la spina paradossalmente ci si ricarica e nel silenzio si osservano i ricordi, si accarezzano con lo sguardo i colori che hanno dato vita alle forme, ci si sofferma al risultato, magari si studia il perché nei materiali impiegati o nella tecnica o semplicemente ci si lascia andare al solo pensiero che ciò che si sta vedendo è solamente bello, piace.
E infine chi è per il sottoscritto Giotto? Un artista? L’inizio di tutto? Un ricordo? Una sensazione silente? So come posso definirlo: Giotto di sicuro è una spremuta di arancia rossa che pizzica in gola e solletica il naso con la sua acidità dolciastra, rinfresca un souvenir del passato, rinfranca il proprio presente.
Ad ognuno il suo silenzio, il suo ricordo, il suo colore.
Un augurio a tutti: buona (ri)visione.